Museo del Vulture, la Via di Gea
di svalegambientepotenza
Continua il cammino all’interno del Museo di Storia Naturale del Vulture. Vi abbiamo accompagnato virtualmente nella Via di Fauna e di Flora, ora tocca alla terza musa: Gea.
La Via di Gea
Ci troviamo nella parte più interna e buia dell’Abbazia di San Michele Arcangelo, dove la struttura si adagia su costoni lavici e ingloba alcune laure basiliane ovvero grandi grotte scavate dai monaci nella roccia.
Lo spazio è dedicato a un intervallo di tempo nel quale il Vulture è stato un vulcano attivo. Infatti, un pannello iniziale lo mostra inserito nel panorama vulcanologico nazionale. Superati alcuni scalini di una gradinata metallica, si attraversa un passaggio che evoca un importante ritrovamento paleoantropologico riferibile ai primordi del genere umano ovvero le Orme di Laetoli, createsi a seguito dell’eruzione di un vulcano in Tanzania. Il visitatore camminando su un passaggio luminoso di plasma rosso lascerà il segno del proprio piede come successe a quegli ominidi di in Tanzania tanti anni fa. Di solito, adulti ma soprattutto bambini sono molto affascinati da questa passerella. Attraverso questa “gioco” si rammenta ai visitatori che un vulcano non è solo un luogo di stravolgimenti e di distruzioni ma anche uno scrigno di “impronte”, di tracce e quindi di segni utili per ricostruire la vita e la storia naturale e umana dei luoghi.
In fondo al passaggio troviamo un grande schermo che mostra le eruzioni che caratterizzarono i momenti parossistici del Vulture. Queste si differenziano per la forza esplosiva e per la portata. Infatti, durante alcune eruzioni le ceneri arrivarono a centinaia di chilometri di distanza dalle bocche eruttive, mentre di solito i prodotti vulcanici eruttati si spargevano nel raggio di pochi chilometri. Questo materiale eruttivo, in alcune occasione, finì per ostruire e sbarrare alcuni piccoli torrenti determinando la formazione del Lago di Atella di quello di Melfi e di quello di Venosa. Ormai, da lunghissimo tempo, questi bacini sono asciutti e sono sotto la lente di numerose equipe di paleoantropologi che sono riuscite a riportare alla luce reperti e a elaborare interessanti ipotesi sulla vita sia di animali che di ominidi vissuti nel Pleistocene.
Proseguendo il percorso troviamo due “loci” che costituiscono ciò che rimane di due tombe basiliane sulle quali è esposta una collezione di rocce del Vulture comprese l’Hauyna e alcune “bombe vulcaniche”. A seguire una clip ci mostra le ricchezze che scaturiscono dal vulcano Vulture: le acque minerali, le cave di pietra lavica, di lapillo e di sabbia vulcanica e i terreni fertili che concorrono alla produzione del vino e dei pregiato olio d’oliva.
All’interno della grande grotta chiamata laura, molto tempo prima che venisse costruita l’Abbazia, il monaco eremita lavorava e da qui contemplava i laghi. Proprio nel costone di roccia dove è poggiata l’Abbazia c’erano molte altre spaccature e grotte nelle quali vivevano i monaci eremiti. Molte di queste sono state inglobate dalla struttura conventuale mentre altre sono visibili al di fuori nascoste dalla vegetazione. Infine, poco più avanti, in una piccola grotta, si può scrutare l’Uomo di Atella in alcuni momenti di vita come lavorando la pietra o accendendo il fuoco.
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