Il Vulture raccontato nel Museo di Storia Naturale

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Una narrazione interattiva di trasformazioni geoclimatiche, territoriali, faunistiche, floristiche, antropologiche, sociali e culturali. Tutto questo è il Museo di Storia Naturale del Vulture, realizzato dalla Provincia di Potenza nell’ambito del progetto Ape (Appennino Parco d’Europa).

Alcuni lo definiscono “museo in un museo” per la sua ambientazione, e non hanno tutti i torti. Nasce all’interno dell’antica Abbazia di San Michele Arcangelo a Monticchio, sul Lago Piccolo.  Dunque la sua particolarità è l’essere inserito nel medesimo contesto naturale che racconta. Infatti, basta aprire le sue finestre o uscire fuori per imbattersi negli interpreti più significativi della storia narrata.

I percorsi museali si presentano come un viaggio a ritroso nel tempo e raccontano i 750mila anni di storia del Vulture, un vulcano formatosi nel pleistocene e dormiente da circa 130mila anni. Grazie alle peculiarità della sua natura, il Vulture diviene famoso nell’Ottocento, attirando viaggiatori naturalisti e pittori da ogni parte del mondo.

L’attività vulcanica del Vulture ha condizionato la storia di questi luoghi compresa quella dell’uomo, attribuendo alla natura caratteristiche che oggi costituiscono l’identità di chi vive in questo posto.  Per questo motivo, il museo costituisce il luogo dove è possibile comprendere le radici più profonde dello sviluppo sociale e culturale e quindi lidentità di questo posto.

Gli allestimenti sono stati immaginati e realizzati pensando ad un percorso nel tempo che partisse dall’oggi per arrivare ai primi terremoti e alle prime esplosioni che contribuirono a costruire il primo accenno di cono vulcanico.

Il percorso include alcune tappe particolarmente significative: la storia dei religiosi nel Vulture, il parco di Federico II e l’arte di cacciare col falcone, il Riparo Ranaldi con i graffiti mesolitici, l’Uomo preistorico di Atella (le prime cacce all’elefante e la straordinaria industria litica), la storia dei laghi pleistocenici (la rarissima impronta di elefante preistorico), e la storia del paesaggio raccontata attraverso le piante e i pollini estratti dal fondale lacustre.

Altri spazi del museo sono dedicati agli habitat che si sono formati ed evoluti negli ultimi 100mila anni, alla preziosa biodiversità che oggi costituisce motivo di grande interesse, protezione, tutela e salvaguardia.

Inoltre, uno spazio esclusivo è riservato alla Bramea a cui è dedicato l’intero museo. Si tratta di un esemplare scampato all’estinzione, un essere antico che ritroviamo ancora vivo solo nel Vulture. Scoperta nel 1963 dal conte altoatesino Federico Hartig, la farfalla notturna Acanthobrahmaea europaea, è un fossile vivente, un relitto che ci giunge dal miocene, un’era geologica lontanissima.

Numerose iniziative e sperimentazioni stanno sorgendo negli ultimi anni in questo museo, ad esempio i festival, le notti della scienza, le conferenze nei luoghi pubblici e i café scientifiques.

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di Alessia Guglielmi

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