I protagonisti, le fatiche dal campo e i passi verso una nuova strada

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Il progetto “Tutti in campo” non prevede solo la realizzazione di una piantagione di Bacche di Goji e il rafforzamento dell’economia locale attraverso la produzione e commercializzazione di un prodotto innovativo.

“Tutti in campo” è, anche e soprattutto, un progetto che promuove l’inclusione sociale di persone che, per vari motivi, si trovano in condizioni di difficoltà e che, attraverso un percorso costruito per loro e con loro, possono darsi nuovi obiettivi personali e lavorativi.

Nel corso delle attività previste dal progetto ciascuna di loro è infatti impegnata nell’apprendimento, o approfondimento, di abilità tecniche ma anche stimolata a conoscere qualcosa di nuovo rispetto a sé e al proprio modo di affrontare le situazioni, di fronteggiare i problemi, di stare in gruppo. Non si tratta di un percorso semplice, ed è chiaro sin dal momento del primo incontro conoscitivo, in cui cerchiamo di capire reciprocamente se ciò che il progetto ha da offrire può essere in linea con le esigenze e i bisogni delle persone che si candidano attraverso la segnalazione dei Servizi di riferimento.

Per tutti è importante la possibilità di avere un lavoro, un’opportunità che li aiuti ad uscire dalla “impasse” in cui si trovano per ragioni anagrafiche, familiari, giudiziarie, personali, lavorative. Considerare i sei mesi di tirocinio come un’occasione per rimettersi in gioco, per conoscersi meglio e lavorare per sui propri punti di forza e sulle proprie difficoltà non è altrettanto prioritario.

Per qualcuno è stata una parentesi importante per capire il senso del lavoro e dello stare in gruppo. Qualcuno va avanti con fatica, cercando di mettere insieme tutte le difficoltà del quotidiano. Qualcuno ci ha messo tutto l’impegno possibile e ottenuto importanti risultati. Ogni persona ha una storia e dall’inizio del progetto ne abbiamo incrociate dieci, di queste storie. Le abbiamo approfondite nel corso del tempo, durante i periodici incontri di gruppo in cui si condividono soddisfazioni, difficoltà, problemi, soluzioni, emozioni e in occasione degli incontri individuali, durante i quali risorse e aree di miglioramento vengono messe a fuoco per definire gli obiettivi dei progetti individualizzati e per monitorare il loro raggiungimento, la loro ridefinizione, l’individuazione di nuovi traguardi da raggiugere.

Ogni singolo incontro, con il gruppo o singolarmente, ha messo in evidenza come il lavoro da solo non sia sufficiente per cambiare la vita di una persona. Non è una novità, del resto, per chi si occupa di inclusione sociale e sa bene che dietro il concetto di inclusione c’è qualcosa di molto più ampio e profondo del “semplice” inserimento lavorativo. Le persone sono tanto altro e ciò che sono, ciò che hanno (o non hanno), le persone che hanno intorno (se ci sono) e il supporto che ricevono (o no), influenzano il loro modo di stare al mondo e di affrontare le esperienze lavorative.

Non si può prescindere da tutto ciò e per questo diventa quanto mai importante il lavoro di rete tra servizi, tra operatori, con le famiglie. Mettere la persona al centro del proprio mondo, aiutarla a capire cosa può fare, cosa ha fatto, a guardare con occhi diversi la propria storia. Rispettare i suoi tempi. Aiutarla a cercare la situazione più giusta per sé. Questo è quello che abbiamo cercato di fare e facciamo “tutti in campo”. Ciascuna con ruoli, compiti, obiettivi diversi.

Oggi, a sporcarsi le scarpe di fango quando piove e ad arrossarsi la pelle sotto il sole cocente dei mesi più caldi sono in cinque, diversi per età, provenienza, esperienze: tre tirocinanti e due dipendenti della Cooperativa Bentos, assunti con un contratto a tempo determinato. Quando il progetto ha preso avvio erano tirocinanti anche loro, ma hanno fatto di tutto per avere l’opportunità di proseguire, di poter apprendere cose nuove, potersi migliorare, poter crescere ancora.

Nel loro percorso di apprendimento “on the job” sono accompagnati e sostenuti dai tutor aziendali – che li guidano nell’acquisizione di competenze tecniche e li aiutano a fronteggiare le difficoltà quotidiane – e dalla Psicologa – che li supporta nella continua ridefinizione degli obiettivi, nel potenziamento della fiducia in sé, nella condivisione con il gruppo.

Una delle ultime condivisioni ha riguardato proprio la riflessione su alcune parole chiave che possono riassumere bene il percorso intrapreso, non a caso già emerse anche in queste righe:

– il gruppo, si è rivelato l’elemento chiave di questo percorso, un contenitore accogliente di emozioni, “simile ad una famiglia, dove ci si aiuta a vicenda e chi sa un po’ di più aiuta gli altri”*. Dove ciascuno, a seconda delle circostanze, offre il proprio aiuto oppure lo riceve, dove tutti hanno imparato a conoscersi l’un l’altro e a conoscere sé stessi anche attraverso gli altri.

– l’opportunità, di cogliere situazioni positive e valorizzanti, che aiutino a capire che le porte trovate chiuse in passato non erano dovute a mancanza di capacità ma, semplicemente, forse non erano le porte giuste (“Me la sono guadagnata giorno dopo giorno con il mio lavoro e se sono ancora qui è per merito mio. Mi hanno dato fiducia e questo ha migliorato la mia autostima”) e che vale sempre la pena continuare la ricerca, anche se è faticoso e richiede impegno

l’impegno, che riempie le giornate e dà loro un significato, “porta la possibilità di proseguire” e “fa sentire meno la fatica”

– la fatica, che per ciascuno deriva da situazioni e compiti diversi e che va gestita in base alle proprie possibilità e risorse e che non è data solo dal fare troppo ma anche dal fare meno di quanto si vorrebbe, e che spesso coincide con “la noia, che può portare a prendere strade pericolose”. Oppure la fatica di “stare”, giorno dopo giorno, di darsi quell’opportunità, di “trovare il proprio ritmo”

– i risultati, che spesso non arrivano nei tempi e modi sperati dando l’impressione che l’impegno e la fatica non siano serviti ma che alla fine non riguardano solo ciò che si è ottenuto e quante piantine hanno dato il frutto ma anche ciò che si è fatto per ottenerlo, la soddisfazione personale, ciò che si è riusciti a mettere “in campo”, da soli e insieme agli altri

– il lavoro, che non riguarda solo i soldi che si guadagnano ma è “il filo che lega tutto, che definisce chi siamo e chi vogliamo essere”

– la responsabilità, di cogliere le opportunità offerte da altri per darsene una più grande, quella di costruire un futuro diverso per sé stessi.

*Le frasi virgolettate sono estrapolate dalle riflessioni emerse in uno degli ultimi incontri di gruppo.

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