Testimonianze, soluzioni e approccio di sistema per la riqualificazione ambientale

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Sono state le testimonianze di Paola Gurrieri, Antonio Cassarino, Gaetano Nicosia, Lorenzo Cannella e Riccardo Gentile ad arricchire il focus organizzato dal progetto TFT – Trasformare la Fascia Trasformata, sostenuto da Fondazione con il Sud e che ha avuto come tema “Ambiente, salute e riqualificazione della fascia trasformata – Rischi e opportunità per le imprese agricole”.  Non hanno rappresentato una speranza ma la concreta dimostrazione e certezza che in una terra – che di recente è stata indicata come una potenziale nuova terra dei fuochi – il cambiamento è possibile e ci sono aziende virtuose che investendo nella sostenibilità prosperano e sono in grado di ridurre, o quasi azzerare, gli scarti di lavorazione nella  gestione del  processo produttivo e nel ciclo, virtuoso, dei rifiuti.

Paola Gurrieri in rappresentanza de “La mediterranea” azienda di Acate ha parlato della sua azienda,  che è estesa su quasi 100 ettari di superficie che ha dato “forma e sostanza alla sostenibilità sia sociale, sia ambientale”. Dall’utilizzo minimo delle acque di irrigazione, con il recupero delle acque meteoriche e della condensa dei vetri delle serre che confluiscono in bacini di raccolta dove l’acqua, filtrata, viene riutilizzata. Nove bacini di raccolta 100mila a 15.000 metri cubi che alimentano anche le 28 abitazioni dentro l’azienda, dove vivono dipendenti con le loro famiglie. Provengono da Pakistan, Tunisia, Bangladesh, qualche italiano ma anche lavoratori provenienti da Polonia, Romania e Costa d’Avorio:  212 dipendenti , e tra loro 111 stranieri.

L’azienda ha la microirrigazione per non disperdere nulla, ha ridotto il terriccio a un ottavo con il reinserimento di scarti di lavorazione anche in funzione della tutela del suolo, potenziato la produzione di mazzetteria risparmiando sulle scatole di cartone, monouso, in favore di contenitori riciclabili; ridotti fitofarmaci  con trattamenti non a calendario ma al bisogno; lotta biologica integrata in alcune delle strutture con insetti antagonisti, raccolta differenziata avviata prima ancora del comune di Acate. E poi protagonista di un progetto pilota, in cui nella sostenibilità anche energetica si impiegano lampade led innovative e ad alto rendimento energetico; inverter in tutti i motori; due comunità energetiche realizzate e già operative; le serre non vengono riscaldate, chiuso con il gas, ma si utilizzano tecniche agronomiche avanzate comandate da meccaniche computerizzate;  selezionate varietà che sopportano caldo e freddo e tollerano agli sbalzi di umidità. E poi l’appello: il mondo agricolo vive un disagio comune, in anni difficili da pandemia e conflitti: andrebbe rivista politica agricola europea – dice Gurrieri -. Ambiente e produzione andrebbero messe sullo stesso piano sempre nella strada della sostenibilità di sistema. La coesione è chiave di sostenibilità da attuare anche con altri attori economici, finanziari, istituzionali, capitalizzando le basi per una nuova crescita sostenibile”. La conclusione riporta al confronto “Così come la chiesa di papa Francesco – dice l’imprenditrice -, le aziende, gli imprenditori devono essere donne e uomini in uscita, devono uscire dal contesto produttivo inseriti in un territorio e aperti al confronto con ciò che è diverso, confronto che spesso implica momenti di scontro e di dialettica. La sostenibilità non è un percorso semplice dritto e ascendente che va verso il bello assoluto. Bisogna confrontarsi e anche sbagliare ma intuire con gli altri il cambiamento che è già in atto”.

La prima delle testimonianze che di fatto sintetizza la esigenza di collaborazione e di confronto per un orizzonte di crescita comune, è stata preceduta dall’analisi del contesto delle problematiche ambientali della “fascia trasformata” tracciato da Corrado Carrubba, avvocato cassazionista specializzato nella normativa ambientale, Massimo Zortea, docente dell’Università di Trento e esperto in sviluppo sostenibile, Alessia Gambuzza, agronomo e referente dell’area ambientale del progetto TFT, Giuseppe Scifo segretario provinciale Cgil e  Antonio Pirrè, Presidente di Confagricoltura Ragusa.

Un argomento divisivo, quello dell’ambiente, ha esplicitato Corrado Carrubba: “L’ambiente è diventato un modello economico generale e la gestione e la sostenibilità ambientale è un tema divisivo”, ha esordito, ma “le battaglie di retroguardia sono sbagliate per economia e comunità; le politiche ambientali piaccia o meno vanno in un’unica direzione. È una sfida di diversità e di conflitti che deve essere intesa, comunicata, gestita e partecipata collegialmente perché altrimenti rischia di alimentare nuove tensioni sociali”. Per Carrubba, “la gestione ambientale deve essere intelligente, partecipata e condivisa nei processi di innovazione. Ma è fatta anche di leggi e norme che vanno rispettate – e questo è un territorio dove vengono commessi reati gravi dal punto di vista ambientale  –  ma vanno rispettate soprattutto perché presidiano la qualità ambientale, la salute delle persone e  di chi verrà dopo di noi”. Ha poi aggiunto che “gli interventi di miglioramento ambientale possono creare oltre che ricchezza, anche lavoro: i cosiddetti ‘green job’ costituiscono uno degli indicatori in massima crescita; nei nuovi contratti dell’area della ricerca tra il 2020 e 2022, e quindi si tratta di lavoro qualificato, oltre ll’85 per cento sono stati attivati nel campo della innovazione e della sostenibilità e il 38 per cento del lavoro totale creato in Italia è legato in un modo o nell’altro alla sostenibilità, dalla riqualificazione dell’elettrotecnico, ad esempio, fino al comunicatore ambientale e alla gestione della meccatronica con l’intelligenza artificiale”. Tutte opportunità in una cornice, quella di una Ecologia integrale, che abbraccia “tutela dell’ambiente, innovazione, qualità, ma anche rapporti umani, diritti del lavoro, impresa etica, superamento della differenza di genere, che sono gli obiettivi del millennio”. La sua conclusione è che “un’economia a misura d’uomo è un sistema sociale ed economico che seppur messo alla prova dalla crisi, riesce a competere e a rafforzarsi puntando su sostenibilità, coesione e bellezza. La bellezza è carattere distintivo dell’Italia e un modello economico ambientalmente sostenibile deve avere il coraggio di essere bello. Al centro dei nostri obiettivi ci sono uomini e donne. Alexander Langer, che lavorava sulle differenze e ‘costruiva ponti culturali’, disse che la conversione ecologica potrà affermarsi solo se sarà socialmente desiderabile, un modello inclusivo solidale e partecipato dove le persone non vedano i sacrifici ma il miglioramento della loro vita”.

Alessia Gambuzza ha concluso il suo intervento ponendo alla riflessione comune la considerazione che “un suolo impiega fino a mille anni per rigenerarsi della fertilità persa per inquinamento o desertificazione”. Dopo avere esposto i dati di miglioramento della raccolta dei rifiuti solidi urbani nella provincia iblea, ha sottolineato le criticità invece dei rifiuti che provengono dall’agricoltura. “ Non abbiamo dati puntuali sui rifiuti speciali, i rifiuti agricoli; ci sono enormi criticità legate al suolo, sottosuolo e all’aria legate alla gestione del ciclo degli scarti e dei rifiuti”. Da dove traggono origine? “Pratiche di smaltimento non corrette e scarse azioni di controllo e vigilanza per lo smaltimento di contenitori di polistirolo, di fitofarmaci e fertilizzanti ancora contaminati, plastiche bianche per coperture e nere per pacciamatura, tubi, manichette e residui colturali (fratta), frammisti di materie plastiche (clips e fili) e panetti per il fuori suolo che risparmiano il terreno ma che non vengono nemmeno questi smaltiti correttamente.

Materiali plastici lasciati in discariche abusive” e il tutto in quantità difficili da determinare: “Non ci sono dati esatti di entrata ed uscita dalle aziende;  bisognerebbe compilare formulari dei rifiuti, registri di carico e scarico e molte aziende non lo fanno. E così, chilometri di costa a Marina di Acate sono invasi da rifiuti interrati, le cosiddette ‘dune di plastica’,  o vengono bruciati dando origine alle fumarole diffuse in tutta la fascia trasformata. Alternative per coltivare in modo meno impattante ci sono; ad esempio l’utilizzo di materiali per legare le piante con fili di canapa o clips in acido polilattico o materiali per il confezionamento sempre in materiale polilattico in luogo della plastica”. La proposta  sta sempre nel confronto, a partire dall’Arpa per la caratterizzazione dei residui vegetali trinciati (“non sappiamo se contengono inquinanti”); nella attuazione di progetti pubblici anche per favorire il ritiro del rifiuto in azienda; nello stimolare attività di controllo su smaltimento inquinanti;  nelle reti civiche, negli  osservatori comunali per l’economia circolare, nella convinzione  che “migliorare l’impatto ambientale e rafforzare la coesione sociale è possibile con azioni strutturate da mettere in atto con le istituzioni”.

Per Massimo Zortea, pur nella difficile condizione della fascia trasformata, dove la “gente respira, mangia e vive in situazioni di vulnerabilità, le soluzioni ci sono”. Nella scorretta gestione dei rifiuti “spesso manca la consapevolezza dei danni che facciamo alla salute. Proprio adesso che il diritto a un ambiente pulito, salubre, sostenibile da circa un anno e mezzo è stato riconosciuto un diritto umano universale dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, riporta che ogni anno 7 milioni di persone al mondo muoiono prematuramente per malattie respiratorie legate all’inquinamento atmosferico, mentre l’Agenzia Europea dell’Ambiente ci ricorda che in Europa le morti premature per inquinamento atmosferico sono circa 400 mila all’anno, di cui circa 50/60mila in Italia. E ci sono diverse dimensioni di povertà legate al degrado ambientale e climatico, molte delle quali dipendono dal modo in cui produciamo e consumiamo beni. Anche noi, come cittadini e consumatori, siamo parte del problema; per esempio, circa un terzo delle emissioni di gas serra, a cui è correlato il cambiamento climatico, dipende dai rifiuti alimentari e lo spreco alimentare deriva anche dal comportamento di noi consumatori”.

Diversi gli approcci per affrontare i problemi: quello repressivo sanzionatorio (cittadini e imprese puniti dalla legge per gli illeciti ambientali commessi), quello che incentiva le buone prassi mediante sostegni di vario tipo e infine “l’approccio su cui punta il progetto TFT: costruire capacità nelle mani e nella testa delle persone, imprese, amministratori e privati cittadini”. Gli strumenti possono essere, per Zortea, “formazione per imprese e staff, lavoro di moltiplicazione delle best practice, sviluppo di potenziali circuiti di filiera sostenibili, patti di filiera con la grande distribuzione, aggregazioni ed economie di scala”. Anche se lavorare insieme è la cosa più difficile per il popolo italiano, “le economie di scala si fanno aggregando le persone”. Serve anche “promuovere marchi identificativi di processi virtuosi, monitorare la qualità biologica del suolo, costruire percorsi di economia circolare, monitorare diossine e rifiuti anche con tecniche di automonitoraggio nelle aziende, combattere lo spreco alimentare”.

L’evoluzione verso modelli di sviluppo ‘ESG’ (Environment Social Governance) è stato il tema trattato da Antonio Pirré; rispetto dell’ambiente, delle persone e un gruppo dirigente capace di dare sostenibilità finanziaria al progetto imprenditoriale. “Confagricoltura sostiene le aziende a tutti i livelli anche in un momento i cambiamenti sono richiesti in un tempo troppo ristretto”. Il presidente di Confagricoltura Ragusa ha fatto cenno al monitoraggio costante delle aziende grazie alla disponibilità di una tecnologia che permette di, appunto “monitorare l’azienda in tempo reale valutando consumo di acqua, individuando settori dove va integrata o ridotta irrigazione, che ottimizza i processi di fertirrigazione, che dispensa consigli agronomici continui con sensori anche per eventuali attacchi di patogeni e collegamento con macchinari 4.0 che si sono molto sviluppati in agricoltura grazie anche agli interventi del governo”.

Oggi le aziende cercano ad esempio di “sostituire materiali plastici con materiali biodegradabili, di monitorare gli sprechi idrici, di coinvolgere il personale dipendente anche con tecniche di welfare che migliorano il rapporto tra azienda e dipendente, con asili nido, borse di studio per i figli dei lavoratori”. E anche le banche “stanno puntando molto sui criteri dello sviluppo sostenibile e della cura degli aspetti sociali, un percorso avviato da cui non si torna indietro”

E che il cambiamento sia possibile viene anche dagli altri rappresentanti del mondo produttivo e delle aziende.

Antonio Cassarino, presidente del distretto orticolo Sud est Sicilia ha raccontato l’inizio del suo cambiamento. “Nel  2012 ho deciso di investire i primi soldi per costruire due case per gli immigrati che lavoravano nella mia azienda. Finito di lavorare andavano a dormire in garage, tuguri, così ho deciso di dare loro una casa e oltre alla dignità di potere abitare finalmente in un alloggio a loro, io ne ho tratto beneficio perché in azienda sono finiti i furti notturni di concime e agro farmaci” poi il secondo passo: “Con le case a tre metri dalle serre mi sonno posto il problema della loro salute; se avessi continuato a utilizzare i prodotti che allora si utilizzavano li avrei uccisi; così ho sostituito agro farmaci impattanti per l’uomo con altri prodotti: poi ancora, con il tempo ho sviluppato l’attitudine a differenziare i rifiuti agricoli e cercare una soluzione per quelli più difficili da smaltire: polistirolo a fratta. Così nasce il filo reggi grappolo in amido di mais che sostiene la pianta al posto del filo di plastica. Unito con altre persone, come Giampaolo Sardo ho pensato di allargare il progetto ed espanderlo ad altri agricoltori e professor Guarnaccia dell’Università di Catania che ha valutato la compostabilità della biomassa. La fratta è stata sminuzzata in granulometrie da 3 e 1 centimetro; la prima in tre mesi si degradava pochissimo mentre l’altra si compostava riducendo la biomassa del 97 per cento e dopo 3 mesi poteva essere utilizzata nel terreno. Passi avanti rispetto alle fumarole no?”. Solidarietà espressa dal numeroso pubblico presente e attento  quando Cassarino ha raccontato del terzo furto in un mese, subito dalla sua azienda in una parte un po’ distante dalle case: “Lunedì notte sono entrati i ladri, hanno rubato vasche di concimazione, quadri elettrici, danneggiato tubature. Con una scala sono entrati e hanno rubato anche i motorini elettrici che aprono e chiudono le serre ma qualcuno si è fatto male ha perso sangue, parecchio  e poi ha defecato, lasciando una parte di se, perché è questo quello che è”. Lui continua a sorridere perché il sorriso è contagioso. Il cambiamento è possibile, un passo alla volta, come ha lui stesso testimoniato.

Rifiuto zero per il centro Seia; Gaetano Nicosia agronomo, ha progettato un sistema per Sis centro Seia, azienda che si occupa di produzione di piantine ortive da semenzale. “La ditta produceva 400 tonnellate l’anno di pet , le seminiere, polistiroli e altro. Ogni anno una tonnellata di pet per lo smaltimento pur con il contributo Conai costa 400mila euro. La Sis ha chiesto soluzione e l’abbiamo trovata. Granuliamo il pet e riutilizziamo sempre la stessa materia per produrre sempre le stesse seminiere. Le seminiere vengono ripulite, granulate e portate in un impianto al nord che riproduce la pellicola in pet e ce la riconsegna ristampata, pronta per la nuova produzione di ortive su seminiere. Ogni anno dobbiamo integrare poco meno del 10 per cento oltre ad avere impatto economico positivo, l’impatto sull’ambiente è nullo. Nel riuso e recupero abbiamo annullato la produzione di rifiuti”.

Lorenzo Cannella presidente di Confagricoltura giovani Ragusa pensa al futuro e racconta come emerga dal gruppo la volontà di agire. Soluzioni. “Da qualche anno abbiamo costituito gruppo per portare aventi prima di tutto una idea di rete che ci aiuti a trovare soluzioni. Ricerca e tecnologia, innovazione e soluzioni ci sono e sono molto più avanti di quanto immaginiamo. Ma il problema siamo noi, esseri umani, non agricoltori. Serve informazione e metodo; dobbiamo solo cercare di essere catalizzatori di pratiche che già ci sono, condividerle e essere capaci di comunicarle”.

Chiede chiarezza nella classificazione dei rifiuti e nella prassi dello smaltimento adeguata e corretta e poi introduce un altro giovane del gruppo, Riccardo Gentile,che ha dedicato una parte della sua attività degli ultimi due anni, alla ricerca di una “soluzione pratica per smaltire fratta. Ho avviato una serie di tavoli tecnici e conosciuto macchinari che potrebbero essere usati anche qui. Esiste un macchinario in grado di produrre compost dalla fratta: è un reattore di compostaggio, tratta tra le 400 e 1500 tonnellate l’anno, non emana odori, non rilascia percolato e la quantità di acque di trattamento, per tipologia, può essere fatta confluire in fogna. Il macchinario è modulare. Ci sarebbe la possibilità di affittarlo e vederlo in funzione, è di una ditta italiana che e lo sta già utilizzando in tutta l‘Andalusia, funziona anche con i filacci della fratta, separa organico da plastica. Il compost ha elevatissimo rapporto carbonio- azoto e aumenterà la mineralizzazione dei terreni”.

Finita la parte delle testimonianze, Peppe Scifo ha posto l’accento sulla questione ‘salute’ trasversale sul tema dell’ambiente, un tema storico “che nasce assieme a questo sistema produttivo tipico di questo territorio e della fascia trasformata, la coltivazione in serra. E’del 1969 il primo convegno in cui Giovanni Berlinguer venne inviato a relazionare a Vittoria sui rischi per la salute connessi all’agricoltura in serra”, e lo Spresal che si occupa sì di rischio ma analizza anche alcuni indicatori, “riscontra dal Registro tumori incidenze evidenti di impatto sulle persone che hanno a che fare con il lavoro agricolo. Non siamo all’anno zero ma si può e si deve fare molto di più”. E sulle fumarole che “appartengono al modus produttivo ci deve essere anche una presa di coscienza forte. In molte aziende ci sono cumuli di fratta accatastati. E pur non volendo bruciarli le aziende non hanno una soluzione”.

Scifo sostiene vi sia un vuoto istituzionale. “Dal 2018 c’è al Libero consorzio un accordo di programma sulla gestione dei rifiuti, con una parte dedicata ai rifiuti agricoli. Bisogna riprenderlo attivarlo, riempirlo di contenuti e di partecipazione anche con il coinvolgimento organico del modo della ricerca”. Le fumarole vanno fermate “affrontando il problema anche con la società d’ambito provinciale per i rifiuti, in previsione della prossima estate. Per farlo è possibile emettere norme anche a livello comunale, ad esempio per accatastare provvisoriamente materiale; sulle plastiche nere le imprese sono disposte a ricevere materiale di pacciamatura ma le aziende agricole non hanno mezzi autorizzati al trasporto di questo rifiuto che è un rifiuto speciale. Interveniamo nel trasporto: lì si annidano interessi di altra natura e sequestri preventivi con il coinvolgimento delle mafie, agromafie, lo hanno dimostrato. Serve subito un confronto operativo”.

In un clima di operativa condivisione di obiettivi, idee e proposte, il focus che è stato moderato da Vincenzo La Monica, coordinatore di Tft – Trasformare la fascia trasformata, progetto sostenuto da Fondazione con il Sud, capofila l’Associazione I tetti colorati Onlus, partner di progetto Cgil, L’Altro Diritto Onlus,  la Cooperativa sociale Proxima e la Caritas (partner esterno), è stato preceduto dai saluti istituzionali di Domenico Leggio, direttore caritas, intervenuto a nome del vescovo di Ragusa, monsignor Giuseppe La Placa, e dei sindaci di Ragusa, Peppe Cassì e Vittoria, Francesco Aiello.

“Il tema dell’Agricoltura e dell’Ambiente e della sostenibilità, sono temi cari al vescovo – ha detto Leggio – Non basta la denuncia, da indicazione del magistero di papa Francesco, ci piace, anche come chiesa locale, stare nel territorio. La trasformazione non può essere fatta da soli. Oggi ci troviamo tra gli attori protagonisti del cambiamento del territorio. E’la strada maestra. Più volte ci siano confrontati sulle difficoltà del territorio ma è un territorio vivace, con grandi capacità di innovazione e grandi risorse umane. Il vescovo mi ha fortemente sollecitato a continuare;  lui c’è per fare in modo che buoni propositi, innovazioni e buone prassi siano il motore del cambiamento”.

“Ciò che è successo negli anni passati – ha detto il sindaco di Ragusa Cassì – ha aperto nuove strade di collaborazione, e il tentativo di conseguire obiettivi con maggiore partecipazione e compartecipazione. Siamo presenti, in questa occasione. E’un tema di enorme interesse, una sfida che dobbiamo affrontare insieme e dal superamento di questa sfida si potrà apprezzare anche qualità della nostra attività amministrativa ognuno nel suo settore e competenza. Noi comuni condividiamo la gestione della società del servizio dei rifiuti. Il tema ambientale riveste una grande importanza e ci coinvolge. Siamo parecchio indietro, dobbiamo recuperare terreno e non farci sopraffare dal tentativo di trovare il rimedio più facile, che non sempre è il più giusto: termovalorizzatori, inceneritori sono superati in Europa, dobbiamo fare le cose giuste. Come provincia e vista la velocità con cui siamo arrivati alla raccolta differenziata, potremmo chiudere il ciclo dei rifiuti educando le persone e convincendole che rifiuto può essere risorsa”.

“Mi sento dentro questo gruppo – ha detto il sindaco di Vittoria, Aiello -; mi sento  onorato per un percorso che ha alle spalle decenni di battaglie sociali e di emancipazione da fame, isolamento e mancanza di servizi e case. La fascia trasformata è innanzitutto storia di popolo che ha inventato qualcosa di nuovo ma che non riesce a governarla perché istituzioni non l’hanno capita, compresa e organizzata. La sofferenza è prima di tutto di coloro che ci sono vivono. Da amministratore locale mi pongo nella valutazione del riverbero sociale, culturale e delle innovazioni che vanno affrontate nel prosieguo delle attività” nella fascia trasformata, “lo sforzo ci deve essere; ma la realtà è che fra tutti i comparti produttivi raramente ci sono riferimenti a questo tipo di agricoltura in serra. In questo contesto non c’è spazio per lo Stato nella raccolta de rifiuti. Dobbiamo farcela, ma come? Nel rapporto con l’immigrazione, si riproducono condizioni di vita che questo popolo ha vissuto. Sono fiducioso però. Grattando la patina della loro storia, molte persone dovrebbero ricordare che sono state loro quei braccianti presi nelle piazze per andare a lavorare nelle serre e dovrebbero trattare i loro braccianti come fratelli perché così sono stati loro. Il comune di Vittoria crede in questo progetto; siamo lieti di lavorare con voi e assieme ad altri. La battaglia sociale ambientale e innovativa si può vincere se riusciamo a portarla su un nuovo territorio”

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