A Castelvetrano la Croce Rossa parla la lingua dell’accoglienza
di gilda sciortino
Fa parte del Dna della Croce Rossa Italiana costituire una presenza costante sul territorio per essere presenti e andare in aiuto col personale sanitario professionale nelle situazioni di emergenza pubblica. C’è, però, anche tutta un’attività che si rivolge a chi, specialmente le persone anziane, non si può muovere da casa e ha bisogno di acquistare farmaci, oppure chi si deve recare a fare una visita medica o anche al cimitero.
Un bisogno che, per esempio, in comuni più piccoli viene richiesto con maggiore frequenza e che, grazie a progetti come quello che porta il titolo “Con Rispetto Insieme!”, vede i volontari del comitato di Castelvetrano della Cri, rinsaldare il senso di comunità.
«Per noi è normale – spiega il presidente, Giuseppe Cardinale – perché il nostro è un servizio che va in aiuto alla persona, qualunque bisogno abbia. Per esempio siamo molto presenti con il servizio rivolto agli stranieri. Facciamo parte del tavolo tecnico, ormai permanente, voluto dalla Prefettura per l’emergenza dei migranti che arrivano nel nostro territorio per la raccolta delle olive. Parliamo di circa 2000 persone all’anno. Ovviamente, il numero si riferisce a quelli che riusciamo a censire noi perché il dato degli irregolari ci sfugge. Grazie al tavolo, che come attori ha anche Polizia, Carabinieri, Ufficio e Ispettorato del lavoro, siamo chiamati a gestire un campo che sorge su un terreno confiscato alla mafia sul quale quest’anno abbiamo montato 85 moduli abitativi donati dall’Unhcr alla Prefettura e, con i nostri personali mezzi, abbiamo montato letti, fornito materassi, lenzuola e prodotti igienici, garantendo una loro permanenza dignitosa sul territorio».
Due i campi, che ricadono nel territorio dove opera il comitato di Castelvetrano, nei quali gli oltre 250 volontari sono attivamente impegnati.
«Il campo dove bisogna esibire il permesso di soggiorno si trova a Castelvetrano, mentre quello abusivo a Campobello, ma distano solo 500 metri l’uno dall’altro. Siamo riuscirti a tirare fuori da quest’ultimo, dimenticato dal mondo, tanti migranti che cercavano un alloggio migliore, dando loro l’assistenza medica di cui necessitavano. Ormai sono pochi quelli presenti perché la raccolta delle olive si è conclusa. Sembra ripetitivo dirlo, ma è una di quelle attività che i nostri lavoratori rifiutano, quindi inevitabilmente a occuparsene sono i migranti, che io chiamo itineranti perché quasi tutti loro girano l’Italia per tutto l’anno andando in Trentino per le mele, venendo qui a Campobello e Castelvetrano per le olive, spostandosi a Scordia per raccogliere le arance. Sono di nazionalità diverse – tunisini, marocchini, gambiani, senegalesi, del Burkina Faso, arrivano col passaparola e sopportano qualunque condizione pur di lavorare. Al momento siamo impegnati anche con il trasferimento dei minori stranieri non accompagnati”.
Se occuparsi dei migranti non può più essere considerato un’emergenza, questa lo è se parliamo di interventi durante gli incendi o di allarmi idrici che vedono i volontari della Croce Rossa non mancare assolutamente.
«Siamo una bella squadra io dico di pazzi volontari – prosegue il presidente del comitato di Castelvetrano della Croce Rossa Italiana –. La nostra. è una comunità nella comunità, una famiglia allargata. In Croce Rossa si entra solitamente al terzo anno delle superiori, 16 anni, anche se ci sono progetti sperimentali ai quali partecipano anche a 13 anni. La volontaria più anziana ha 84 anni e, credetemi, dà filo da torcere anche ai giovanissimi”.
Molto importante l’area sanitaria perché costituisce quel logo identificativo di un’associazione che esplica il suo raggio attraverso sei linee operative. La prima area è proprio quella sanitaria, poi c’è quella sociale con la quale si portano avanti attività di contrasto alla povertà distribuendo viveri a dieci comuni insiene alle Opt, le organizzazioni territoriali. Aperta una boutique, una sorta di emporio sociale e solidale nel quale si raccolgono e distribuiscono abiti, anche quelli dismessi da negozi. La terza area è quella delle emergenze, all’interno della quale si fa sensibilizzazione e informazione, per esempio nelle scuole. L’area 4 è quella del diritto internazionale umanitario, mentre con la quinta promuove attivamente lo sviluppo dei giovani e una cultura della cittadinanza attiva. La sesta, infine, è quella dello sviluppo e della progettazione e in questa va considerati tutto quello che riguarda la comunicazione, l’immagine e la ricerca di fondi.
Un mondo veramente grande, il vostro, che guarda molto lontano.
«Grazie alla sesta area, dal 2017 abbiamo registrato una crescita per esempio in campo formativo perché in Croce Rossa non si possono fare attività se non si è formati. Non mandiamo, infatti, i volontari allo sbaraglio, infatti la formazione non si ferma mai. Siamo anche cresciuti con i mezzi e le attrezzature perché dobbiamo essere sempre pronti per ogni nuova evenienza».
Ai disabili si pensa anche con un particolare occhio di riguardo.
«Perché sono fragili tra i fragili. Grazie a un finanziamento della Chiesa Valdese stiamo acquistando i mezzi per trasportarli più facilmente. La prossima estate faremo richiesta al Demanio per posizionare una passerella sotto il Tempio di Selinunte, facendo in tal modo vivere una giornata di mare spensierata a tanti giovani che non hanno l’opportunità di farlo».
Attenzione, però, anche ai più piccoli.
«Stiamo ripartendo con il progetto “Mi leggi una storia?”, ideato proprio dai nostri giovani, sempre frizzanti e desiderosi di fare. Sono andati nelle scuole materne e si sono inventati un gioco: fare parlare ogni bambino di un suo personaggio preferito, di fantasia o visto in tv. Una volta disegnati e colorati, i nostri volontari hanno inventati delle storie insieme agli stessi bambini, associandoli a un principio della Croce Rossa e cioè l’imparzialità, l’umanità, l’indipendenza. Alla fine è nato un libro che è andato in stampa con Amazon. Immaginate l’entusiasmo dei più piccoli. Tutto è avvenuto prima della pandemia, ma abbiamo in programma la seconda serie».
Un percorso, il vostro, che entra in contatto con tanta umanità. C’è una storia, una persona che le ha regalato particolare emozione?
«Dovremmo scrivere un’enciclopedia per quante persone abbiamo incontrato lungo la nostra strada e che ci sono entrate nel cuore. Ricordo una ragazza che aveva paura di entrare in acqua, a mare, perché disabile. Per la prima volta, dopo tanto tempo, è riuscita a dare fiducia a qualcuno e, insiene ai nostri volontari, ha potuto vivere questa esperienza. Letizia, invece, era un’anziana che non aveva più notizie del marito, caduto durante una vacanza. Lo avevano portati in ospedale, ma lei non lo aveva saputo, così l’abbiamo accompagnata e ha potuto riabbracciare il suo compagno di vita. Ovviamente nel nostro cuore entrano e rimangono anche tutti coloro i quali incontriamo nel nostro servizio di assistenza e intervento ordinario. Pensate che, prima della pandemia, garantivamo viveri a 280 famiglie, mentre oggi siamo a circa 400 nuclei familiari che non ce la fanno più. Il reddito di cittadinanza era riuscito a dare dignità e risolvere molti problemi del vivere quotidiano, mentre dopo il 2020 non ha più potuto essere di supporto che era prima. Le storie di queste famiglie sono quelle che ci toccano perché entriamo in empatia con loro. Il nostro è un servizio che sembra si fermi all’immediato intervento, all’emergenza, ma arriva nel profondo e lascia un segno».
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