La raccolta delle olive e la produzione olearia

di

«OLEA PRIMA OMNIUM ARBORUM EST»

(“L’ulivo è il primo tra tutti gli alberi”, Lucio Giugno Moderato Columella)

Risalgono al 4000 a.C. le prime testimonianze sull’utilizzo dell’olio d’oliva per gli usi più disparati, tra cui unguenti per la pelle e olio per lampade. Nel 2500 a.C. i Babilonesi ne regolarono la produzione e il commercio nel Codice di Hammurabi, mentre i Greci diffondevano ormai la coltura di ulivo lungo il Mediterraneo.

I romani ne sfruttarono la nobiltà e la ricchezza come “moneta” per il pagamento dei tributi ma dopo la caduta dell’Impero l’olio d’oliva andò incontro ad un lungo periodo di buio, rivalorizzato poi durante il Medioevo, quando vengono recuperate le colture di ulivo e ne viene massimizzata la produzione. Nel 1400 l’Italia è il primo produttore di olio d’oliva del mondo.

Nel ‘700 si iniziano a catalogare le diverse cultivar dell’ulivo e un secolo dopo viene esportato anche in America grazie agli immigrati italiani e greci espatriati nel Nuovo Mondo in cerca di fortuna.

Pertanto, tra le attività di recupero del “Fondo” vi è stato il risultato raggiunto con grande entusiasmo nell’autunno 2019, rappresentato dal ripristino dell’uliveto consistente in una radicale potatura dell’impianto arboreo, successiva raccolta e molitura.

L’attività olivicola ha portato alla raccolta e alla produzione olearia di circa 450 l di prodotto finito di ottima qualità, rendendo produttivo il 20% delle piante presenti; un grande risultato visto l’intenso restauro praticato nell’80% dell’impianto olivicolo durante il periodo invernale, necessario a causa del completo stato di abbandono più che ventennale al fine di indirizzare la piantagione ad una importante produzione nei futuri raccolti.

Parte integrante del progetto e delle sue finalità di gestione, l’uliveto e la sua produzione nelle diverse fasi, risulta estremamente aggregante permettendo a quanti coinvolti la condivisione e la scoperta di una azione produttiva millenaria, umile, dignitosa, immersi nel contesto di uno spettacolare paesaggio rurale, ricco di colori, profumi e sensazioni.

Le olive sono state raccolte nella fase della “invaiatura”, quella cioè in cui le olive si colorano progressivamente passando dal verde al rosso-nero, con il metodo della “brucatura” che è la raccolta manuale delle olive direttamente dalla pianta, procedura che preserva al meglio l’integrità del frutto, e prevede il lavoro  da terra utilizzando agevolatori ad aria compressa o elettrici, chiamati “abbacchiatori” che “pettinano” la pianta  smuovendo  le fronde dell’albero e favorendo la caduta delle olive su ampie reti stese al suolo.

Una volta ripulite da foglie e piccoli rametti, le olive sono state sistemate in apposite cassette di plastica forata e trasportate al frantoio, dove hanno subito il processo di molitura ottenendone un prezioso prodotto extravergine.

Oltre alla produzione olearia, una piccola parte del raccolto è stato utilizzato attraverso la sapiente trasformazione in olive da tavola in salamoia o schiacciate e conservate sott’olio con un condimento di sale, aglio e peperoncino, frutto di antiche ricette del territorio.

Articolo realizzato con il contributo di Soc. Polieion sas – partner promotore

Regioni

Argomenti