La fede: una luce nelle tenebre.

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La fede è un qualcosa di profondo, misterioso, dogmatico. La fede è in grado, per chi è capace di accoglierla, di dare la forza quando si è persa la speranza, è in grado di farci risollevare quando crediamo di aver definitivamente toccato il fondo.

All’interno delle carceri, come al di fuori, la fede può diventare uno strumento potente, in grado di fornire stabilità e speranza, oltre che portare ad una redenzione morale e spirituale. 

Durante un incontro all’interno del carcere di Lecce la fede è stata l’oggetto di una profonda e molto piacevole discussione fra alcuni studenti Luiss ed alcune donne in stato di detenzione. 

Tale incontro è avvenuto all’interno della “maison” made in carcere, ovvero il luogo dove queste donne lavorano per la cooperativa “officina creativa”, luogo all’interno del quale sono stati creati degli spazi, in alcune ex stanze di pernottamento (volgarmente note come celle), come una sala lettura, una  palestra, una sala riunioni,  una cucina ed una piccola sala da pranzo, il tutto arredato con tappeti e mobili antichi, con l’obiettivo di educare, oltre che al lavoro, anche alla bellezza. 

Una ragazza ha raccontato del suo rapporto con la religione in tutto il corso della sua vita; ha spiegato come lei non credesse a nulla nel momento in cui è arrivata in carcere e che, gradualmente, è riuscita a trovare un grande conforto ed un immenso sostegno, non soltanto spirituale, ma anche fisico. Ha raccontato di come lei  preghi tutti i giorni, più volte al giorno, e che le sia più volte capitato di sentire una presenza fisica al suo fianco, che vegliava su di lei, guidandola e proteggendola. Ha parlato del forte richiamo da lei sentito nei momenti liberi, che la porta a leggere il vangelo, per trovare pace ed ispirazione perché, secondo lei, Dio è il faro che illumina il suo cammino, scortandola verso un futuro migliore: onesto, retto e sano. 

La ragazza ha poi concluso il suo racconto parlando di uno dei momenti per lei più intensi e significativi, avvenuti durante il suo periodo di detenzione, ovvero quando le venne regalata da un prete una bibbia in rumeno, la sua lingua madre.

 Peppino Impastato diceva: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un arma contro la rassegnazione, la paura, l’omertà. E’ per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza, perchè in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.” 

 

 

Lorenzo Peraino.

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