Borgo Mezzanone: la storia di Madou, bracciante che ha perso tutto nell’ultimo incendio

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Tanti come lui, durante questa estate caldissima, hanno visto distrutte dalle fiamme le loro baracche, gli effetti personali, e cosa ancora peggiore nel caso li avessero, i documenti

 

Nel mese di luglio si sono verificati due incendi – il primo il 15 e il secondo il 19 luglio – che, a distanza di soli quattro giorni, hanno distrutto alcune parti dell’inseriamento informale di Borgo Mezzanone, dove vivono migliaia di braccianti. Ci troviamo nella Capitanata, in provincia di Foggia, zona nota per essere la massima rappresentazione in Italia di ciò che caratterizza il fenomeno dello sfruttamento nel settore agricolo, del caporalato e della negazione dei diritti.

Il campo informale si estende lungo quella che, un tempo, era una pista aeroportuale militare. Oggi si presenta un agglomerato di ripari di fortuna, fatti di lamiere, mattoni, quando è possibile reperirli, e altri tipi di materiali ad alta infiammabilità.

Madou viene dal Senegal e da cinque anni vive nel campo di Borgo Mezzanone, ci resta anche durante la stagione invernale quando il lavoro diminuisce drasticamente ma, per chi non ha alternative, restare è l’unica soluzione per sopravvivere. “Lì dove si vede solo cenere nera c’era la mia casa”, racconta Madou indicando con l’indice destro un punto poco distante fatto di residui di lamiere, terra bruciata e oggetti personali ridotti in polvere. “Quando è scoppiato l’incendio io e gli altri, che vivevano nelle baracche accanto, eravamo fuori. Abbiamo trovato i resti e un fumo accecante”, continua a raccontare Madou che, al momento, ha chiesto ospitalità a degli amici, anche loro braccianti. “Non so quando riuscirò a ricostruire la mia casa, non lavoro da diverso tempo e devo aspettare di guadagnare qualcosa tornando a raccogliere i pomodori nei campi. Aspetto di poter iniziare il lavoro e avere i soldi per una casa mia”.

 

Un incendio, un evento che con le temperature attuali sopra i 40 gradi rischia di diventare una costante, non è solo causa della distruzione di ripari e oggetti personali, ma per molti di loro, significa perdere cose ben più preziose come i documenti, se ce li avevano. Con un sistema di accoglienza ridotto al minimo e processi burocratici troppo complessi, l’assenza di documenti per la popolazione migrante che lavora nel settore agricolo equivale a non avere accesso a nessun diritto fondamentale. La salute è uno di questi.

 

La possibilità di farsi curare è quasi impossibile per queste persone, proprio perché non sono riconosciute nella loro identità di richiedenti asilo o rifugiati. INTERSOS, con una clinica mobile, ogni giorno lavora nell’ex pista proprio per colmare questo vuoto e fornire cure mediche gratuite a coloro che ne hanno bisogno.

Dal 2018 lo staff medico e umanitario garantisce supporto medico di prossimità, informazioni sui servizi e sensibilizzazione su argomenti legati alla salute in un contesto, quello di Borgo Mezzanone, dove la totale assenza di igiene, condizioni di vivibilità ridotte al minimo, scarsità di acqua potabile, rappresentano fattori di alto rischio per la salute delle persone.

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