Assistenza ai braccianti agricoli: curare le persone nel corpo e nello spirito

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Offrire assistenza medica attraverso l’ambulatorio mobile ci permette di capire se le persone che vengono a farsi curare da noi hanno bisogno anche di altri tipi di supporto

 

 

Ibrahim viene dal Gambia. Ha 35 anni, di cui dieci trascorsi qui in Italia. È arrivato nel nostro Paese con la speranza di costruire un futuro migliore per sé stesso e per la propria famiglia rimasta nella sua terra. Anche per questo, è arrivato nel foggiano per trovare lavoro. Da ormai tre anni, infatti, vive lungo la cosiddetta pista di Borgo Mezzanone, l’insediamento informale a metà strada tra Foggia e Manfredonia. È qui che Ibrahim, come la maggior parte dei migranti che vivono nel ghetto, ha trovato lavoro come bracciante agricolo. Lavora in modo occasionale e senza contratto. Ma da queste parti, il più delle volte, è l’unico modo per sopravvivere, per guadagnare qualcosa, per provare a dare una piccola risposta al proprio viaggio migratorio. Ibrahim si è presentato presso l’ambulatorio medico di INTERSOS, che dall’inizio del 2018 si occupa di assistenza sociosanitaria in Capitanata per tutelare la salute delle persone migranti, in gravi condizioni di sfruttamento e precarietà abitativa.

 

Ibrahim aveva una ferita lieve sul polso. Si era fatto male mentre lavorava. Parlare con gli operatori di INTERSOS è stato importante, perché il suo bisogno espresso di cure mediche nascondeva un bisogno più profondo, più urgente. Per questo, poi, è stato preso in carico da Medtraining e dagli operatori di ASGI, le due realtà partner di INTERSOS nell’ambito del progetto finanziato da Fondazione CON IL SUD “Servizio socio-sanitario di prossimità negli insediamenti informali della provincia di Foggia e promozione di buone prassi nelle istituzioni del territorio”. Ibrahim non è stato solo curato nel fisico, ma anche nello spirito, iniziando a sanare situazioni complesse e differenti che sono emerse solo molto dopo la prima visita medica. Del resto, il progetto offre a Medtraining la possibilità di lavorare per l’emersione delle vulnerabilità sociali.

 

«Non è sempre facile far capire il nostro servizio alle persone, perché non eroghiamo un singolo servizio o una prestazione professionale specifica. Ma affrontiamo situazioni complesse che richiedono soluzioni multisettoriali e multidisciplinari che spesso non si esauriscono ad esempio nel tempo di una visita medica, come nel caso di Ibrahim» racconta Concetta Notarangelo, operatrice dell’unità di contatto di Medtraining nell’ambito del progetto. «Non è come essere avvocati o medici e avere uno sportello fisso. Il nostro lavoro negli insediamenti vuol dire fare attività di ‘outreach’, e cioè di entrare dentro i luoghi per instaurare rapporti che possono fare emergere situazioni di vulnerabilità». Instaurare rapporti di fiducia con i migranti che vivono all’interno degli insediamenti informali (ex-Pista di Borgo Mezzanone, ex-Fabbrica, Palmori e Poggio Imperiale) è indispensabile per avviare relazioni e processi di inclusione. Perché anche nel caso di Ibrahim l’obiettivo è quello di seguire attentamente la sua situazione per riuscire ad inserirlo in un progetto di accoglienza. Un’operazione resa possibile anche grazie alla preziosa collaborazione fra le tre realtà coinvolte nell’iniziativa.

 

«Avere all’interno del progetto una postazione fissa come l’ambulatorio mobile di INTERSOS, che è un luogo, un servizio riconosciuto, ci permette di poter fare ‘l’upgrade’ delle nostre attività in quanto ci consente di avere uno spazio fisico che si collega alle nostre attività in ‘outreach’» aggiunge Notarangelo. «Va infine ricordato che le persone sono libere di scegliere e di autodeterminarsi, compiendo a volte anche delle scelte che possono essere non condivisibili. Dobbiamo ricordarci che restano in ogni caso i loro bisogni e non possiamo insistere per altre scelte che noi forse prenderemmo perché non sappiamo nel profondo cosa voglia dire la frase “se fossi al posto tuo io farei così”» conclude l’operatrice di Medtraining.

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