Far riscoprire alle donne il loro valore. I percorsi di assertività e affettività del progetto “Amorù”

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 In occasione della “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” la videoconferenza del Progetto Educativo Antimafia del Centro “Pio La Torre”

 

Affettività, assertività per consentire a ogni ragazza, a ogni donna, di avere la consapevolezza del suo  valore.  Due concetti che stanno alla base di un progetto come “Amorù – Rete Territoriale Antiviolenza, Troppo amore uccide” – promosso dall’Organizzazione  umanitaria LIFE ad LIFE (l’ente capofila) e sostenuto da Fondazione CON IL SUD nell’ambito del Bando Donne 2017.

Un percorso che dai 22 partner e portatori di interesse – tra associazioni, comuni e scuole – con i quali si è partiti a maggio del 2018, a oggi é a oltre il doppio di soggetti che stanno condividendo un progetto che ha già attivato 3 sportelli di ascolto e una casa protetta che offrono risposte concrete a tutte quelle donne che decidono di uscire dalla spirale di violenza nella quale sono cadute e riprendere in  mano la loro vita.

Un progetto del quale si è parlato alla vigilia della “Giornata Internazionale della Donna”, nel corso della videoconferenza organizzata dal Centro Pio La Torre – uno dei partner del progetto a conclusione del programma di didattica antimafia nelle oltre 110 scuole aderenti in tutta Italia. Lavori seguiti in streaming da docenti e studenti a causa delle limitazioni imposte in questi giorni. Alla ripresa delle lezioni, quindi, i ragazzi avranno a disposizione il video per commentarlo in classe.

Una mattinata che ha sicuramente lasciato il segno sul fronte del dibattito sul fatto che in soli due giorni del mese di gennaio ci sono stati tre femminicidi che hanno fatto volare le statistiche in Sicilia, dimostrando che le donne continuano a essere vittime di violenza come ai tempi del “delitto d’onore” o anche peggio.

«Capillare, diffusa sistemica, persistente: la violenza di genere c’è sempre stata», ha detto  la sociologa Alessandra Dino aprendo i lavori, moderati dalla giornalista Serena Termini, ai quali hanno preso parta anche il magistrato Mirella Agliastro e Liliana Pitarresi, responsabile del progetto antiviolenza Amorù.

«Il corpo femminile, luogo della differenza – ha aggiunto la Dino – diventa anche luogo dell’accanimento della violenza di genere che spesso evidenzia una volontà di distruggere, insistendo sul viso, quasi a volere simbolicamente cancellarne l’identità. L’anno scorso in tutta Italia sono stati commessi 103 femminicidi, 7 dei quali nella sola Sicilia. Secondo l’ultimo Rapporto Eures 2019, l’Isola ha il primato per denunce di stalking (35 ogni 100mila abitanti), con 10 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale del 24,6: dati che rivelano la dimensione di un problema che spesso degenera in violenza di genere».

«Il fenomeno è trasversale – ha aggiunto la dott.ssa Pitarresi – perché non riguarda solamente le donne appartenenti a ceti socio-culturali bassi, senza cultura. Queste donne, alla fine, trovano il coraggio di denunciare. Cosa che non succede così facilmente con quelle donne che vivono in altri contesti. La nostra è una rete giovane che incontra le difficoltà di chi deve affermarsi in territori difficili, come quelli della zona est di Palermo, sprovvista di servizi specifici in tal senso. Noi, però, stiamo cominciando a seminare e i risultati sono quelli dati dal fatto che le scuole, i comuni, oggi ci cercano per creare sinergie».

Una sfida, quella lanciata da Amorù, che offre competenze, professionalità e voglia di dare aiuto alle donne ma anche ai bambini che molto spesso assistono alle violenze dentro le famose mura domestiche.

«La violenza fisica è visibile, la conosciamo grazie anche ai mass media che ce ne parlano ormai quasi quotidianamente. Quella psicologica non sempre porta alla fisica e noi dobbiamo lavorare su questo aspetto. Siamo molto impegnati con le scuole, rapportandoci con i ragazzi che sono molto più preparati di quello che crediamo. Pensate che una ragazzina di quarta elementare un giorno mi chiese: “Che cosa fate degli uomini che maltrattano?». Ecco la consapevolezza dei nostri ragazzi. Abbiamo il dovere di dare loro risposte e strumenti per reagire. Lavoriamo sull’affettività e assertività: la prima è la capacità di sensibilizzare le ragazze a esternare le emozioni; l’altra quella di esprimerli. Il nostro lavoro va in questa direzione per fare in modo che le nuove generazioni possano essere assertive e sapere di valere come donne».

Un percorso che deve superare anche la retorica di certe affermazioni. Lo ha sottolineato con forza durante la conferenza la viceministra all’Istruzione, Anna Ascani, in videocollegamento con il Centro Pio La Torre.

«Respingo con forza ogni tentativo di accostare i femminicidi alle differenze di religione – ha ribadito la Ascani -. Certa retorica vorrebbe ricondurre tutto a una differenza di cultura e di religione, ma i numeri ci dicono che è un problema tutto nostro; siamo una società che deve fare i conti con la sua fragilità e per farlo deve investire nell’educazione. Oggi ci sono più strumenti a disposizione per le donne che vogliono denunciare e che pertanto si sentono meno esposte a pericoli, anche se non tutti gli strumenti sono efficaci e di più si deve fare per proteggere le donne. Lavoriamo in questa direzione tutti insieme».

 

 

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