PERCORSI DI RIFLESSIONE NELLE SCUOLE CRIC – Centro Regionale d’Intervento per la Cooperazione

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Raccontare un’unica storia crea stereotipi. E il problema degli stereotipi non è tanto che sono falsi ma che sono incompleti. Trasformano una storia in un’unica storia” Chimamanda Ngozi Adichie

Anche quest’anno abbiamo lavorato con le ragazze e i ragazzi delle superiori per ragionare insieme sul mondo che ci circonda. Nel corso di 8 incontri laboratoriali abbiamo affrontato tematiche quali il sistema agricolo nel sud Italia, le filiere alimentari, il rispetto dei diritti sul lavoro, il contributo delle persone di origine straniera, il razzismo e le discriminazioni, il linguaggio pubblicitario e la narrazione. E ancora: quanto sono antiche e profonde le radici del razzismo? E i pregiudizi? Cosa c’è di culturale, di storico o di sociale di in un sistema di pensiero discriminatorio? Cosa vogliono dire concretamente gerarchia tra gruppi umani e rapporti sociali iniqui? L’obiettivo di questi incontri è stato di immergersi in una riflessione collettiva nella quale dubbi, domande, ragionamenti, risposte giuste e sbagliate, osservazioni si sono intrecciate stimolando una voglia di comprendere il proprio stare nel mondo e il proprio territorio.

Il lavoro nelle scuole cerca di creare uno squarcio in quella che sembra un’assodata e impenetrabile cortina di sicurezza emotiva e culturale che avvolge il passato coloniale italiano, e più in generale il colonialismo come predazione e sopraffazione istituzionalizzate, e da cui hanno origine il sistema di pensiero razzista e il linguaggio razzializzante in un perpetuo rimosso storico. Ci si rende conto di quanto i processi di razzializzazione siano pervasivi e si arriva alla consapevolezza che, come scriveva Paola Tabet, la costruzione sociale del razzismo viene perpetuata nella vita di ogni giorno. 

Quando parliamo di pratiche antirazziste, di come decostruire il razzismo o dell’importanza di utilizzare un linguaggio consapevole, ci troviamo spesso e volentieri a confrontarci con persone che pongono già un’attenzione a questi aspetti. Lavorare nelle scuole, che nei loro microcosmi rappresentano piccoli prototipi della società, permette di fare un lavoro collettivo in cui tutte le attitudini siano rappresentate ed espresse, per una riflessione che sia ancorata alla realtà, che rimbalzi dai media agli stereotipi, da ciò che viene proposto da chi anima gli incontri ai sentimenti individuali e collettivi, fino ad arrivare agli slanci per un umanità più giusta. 

In questo consiste la ricchezza del lavoro con le ragazze e i ragazzi, soprattutto quando hanno la possibilità di confrontarsi con chi la razzializzazione la vive sulla propria persona e diventano allora propensi a rimettere in discussione certe verità date per scontate utilizzando l’empatia per sviluppare spirito critico e un nuovo modo di leggere la propria realtà. Mettono in atto processi di cambiamento. Quello che emerge infatti sono una voglia di comprensione e un senso di giustizia che ha senso coltivare insieme a loro, partendo da quello che è il loro sentire e arricchendolo di contenuti laddove manca uno spazio di riflessione e di approfondimento nella costruzione del sapere (dentro e fuori scuola). 

Nei laboratori che abbiamo realizzato, ci siamo soffermatə in particolare sul funzionamento delle filiere agroalimentari che ripropongono, cosi come ogni ambito della società d’altronde, strutture discriminatorie. 

Siamo partitə da un assunto: mangio dunque sono.

Ciò che portiamo sulle nostre tavole ogni giorno, infatti, la dice lunga sul nostro modo di stare al mondo, di relazionarci con le altre persone, di vivere il nostro territorio e di abitare la natura.

Il modo in cui la nostra società si organizza attorno all’approvvigionamento alimentare, ci racconta anche molto dell’organizzazione sociale che la regola: è indicativo del rapporto tra cittadini e cittadine, attori e attrici della produzione alimentare da una parte e istituzioni dall’altra e condiziona il benessere, la salute, la qualità dell’ambiente e la giustizia sociale.

Quando scegliamo cosa portare in tavola, possiamo preferire un sistema incentrato sulla quantità a scapito della qualità, oppure un sistema fondato sul riconoscimento del valore del cibo.

Nel primo caso il nostro approvvigionamento sarà da produzioni ad alto impatto ambientale, che impoveriscono le risorse, inducono a sistemi alimentari squilibrati, generano patologie socio-sanitarie, disuguaglianze nell’accesso al cibo, declino dei piccoli produttori e delle piccole produttrici e di intere zone rurali. E che sfruttano i lavoratori e le lavoratrici agricole, perché considerate persone senza dignità, allo scopo di abbattere ancora di più i prezzi di vendita e quindi di generare maggiore profitto per chi produce e distribuisce.

Nel secondo caso decidiamo di scegliere salute, dignità, lavoro. Scegliamo un cibo che è arte e cultura, è legame con la propria terra e con le proprie radici, che si offre come mediatore di relazioni, intreccia tradizioni, ecologia e cultura e si fa promotore di processi di coesione sociale e di ri-territorializzazione.

Ma soprattutto scegliamo un cibo senza sfruttamento, che lotta contro il precariato, contro la mancanza di diritti che rende vulnerabili e infiamma i discorsi e le azioni razziste e xenofobe.

Nelle classi ci siamo postə la domanda: il mio modo di fare la spesa e di mangiare ha davvero tutta questa importanza?

Certamente! E anche di più. Informarci, conoscere, scoprire, dialogare, toccare con mano ci rende cittadine e cittadini attivi e partecipi della creazione di comunità giuste e costruttive.

Questo lavoro di scoperta e di approfondimento si è tradotto in momenti collettivi di confronto al fine di dare risalto alla capacità di riflessione, analisi e lettura del contesto della parte più giovane delle nostre comunità che invece viene troppo spesso dipinta dalla classe politica come immatura. 

Sviluppare lo spirito critico è il primo passo per assumere una cittadinanza attiva, antirazzista, propositiva, e spesso sono proprio le voci delle ragazze e dei ragazzi ad indicarci la strada.

Ringraziamo le classi che hanno partecipato al progetto e le/i docenti che le hanno accompagnate: 

Istituto di Istruzione Superiore “Ten.Col.G.Familiari” – Melito Porto Salvo, classi IG e IIG indirizzo IPA, IE, IF, IIE indirizzo ITE. 

Tabet P. (1997). La pelle giusta, Einaudi

Frisina A., Farina F. G., Surian A. (2021). Antirazzismo e scuole Vol.1, Padova Universuty Press

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