ARTE E BENESSERE di Flavio Tiberti

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In un’epoca il cui diktat è la perenne corsa alla posizione sociale e all’accumulo di denaro o di oggetti, il recupero del senso del tempo causato dal lockdown e dalla pandemia, tra i vari effetti collaterali, ha avuto il pregio di concedere un riavvicinamento al mondo dell’arte.

Con la “sorprendente scoperta” che la soddisfazione personale possa passare anche attraverso la propria capacità di percepire la bellezza.

Teoria perorata da filosofi come Alain de Botton e Vito Mancuso, che sostengono l’aspetto salvifico del bello, oltre agli immancabili ricercatori americani come Harold J. Dupuy, per il quale la contemplazione di un quadro, di una fotografia o di un’altro tipo di arte sia assimilabile all’incontro con la persona amata, dando stimolo alle medesime aree celebrali.

Inoltre si è giunti a dimostrare che la visita a mostre, l’ascolto di concerti, il godersi un film al cinema o una pièce a teatro attivi parti del nostro corpo in grado di rallentare l’invecchiamento e l’insorgere di malattie.

In un mondo in cui trovare l’armonia interiore è sempre più complesso, sviluppare una propria conoscenza ed esperienza estetica può segnare una via, e la contemplazione del bello risulta comunque essere una ottima terapia per il proprio benessere. 

Se osservare l’arte diminuisce lo stress, come accennato, altri studi statunitensi hanno riscontrato che essere creativi esercitando la propria creatività è ancora più salutare. Anche solo alcuni schizzi su un foglio di carta riescono ad attivare reazioni positive su battito cardiaco e pressione. E in ambito musicale, se il semplice ascolto offre benefici, suonare uno strumento consente ulteriori miglioramenti.

A corroborare tale tesi posso portare la mia esperienza di quasi due anni presso il Cottolengo di Torino, dove ebbi l’opportunità di lavorare e scattare immagini ai residenti della struttura mentre erano impegnati in laboratori artistici di diverso tipo, dalla musica alla pittura, dalla danza al teatro. Venni a un contatto con loro quasi quotidiano, creandomi così la possibilità di interagire e vivere appieno le loro emozioni e sensazioni. 

E’ innegabile che l’Arte, qualunque arte si stesse praticando, avesse il potere di donare loro una profonda serenità e unisse i vari individui in una sorta di comunità ideale, impegnata a rendere omaggio al proprio operato ma allo stesso tempo a loro stessi, in termini di esternazione dei propri sentimenti, in primis, e di una maggiore gratificazione e autostima poi.

Provo quasi un pudore reverenziale a scrivere di certi ricordi, ma ho assistito in prima persona a piccoli miracoli in musica, grazie ad alcuni sordomuti dalla nascita, e altrettanto nell’ambito della danza, per merito di soggetti duramente colpiti dalla focomelia.

Questo per sottolineare e onorare il potere nascosto delle arti, sia psicologico che fisico, finalmente tornato a galla, e la necessità che in un paese come il nostro, in cui ha sempre avuto un peso prioritario come dimostrano opere di fama planetaria, l’Arte torni finalmente a rivestire un ruolo quantomeno rilevante nelle scuole e nella cultura del quotidiano. Perché il bello permei la vita di tutti, tutti i giorni.

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