La Testimonianza di un “Orfano Speciale”

Quando la violenza si consuma con gesti estremi nelle famiglie,  sono i bambini i testimoni che sopravvivono,  terrorizzati ed increduli, abbandonati in una spietata solitudine, vittime incolpevoli e disperate perché perdono tutto in un momento.

Li chiamano “Orfani per crimini domestici” (l.n.4/2018) o “ Orfani speciali “ perché orfani due volte; sono un piccolo esercito, se ne contano circa 1600 in Italia, che purtroppo si fa sempre più nutrito; spettatori silenti di un crimine tanto efferato, sono bambini o adolescenti che hanno visto morire la propria madre e otto volte su dieci, l’autore del delitto è il padre. Sono la parte dimenticata che ha pagato il prezzo più alto e noi, durante la nostra seconda di Corso “Diventare sentinelle del nostro territorio” a San Severo,  vogliamo avere presente.

Pochi infatti,  si ricordano di loro, dopo il clamore dell’atto atroce e violento.

I figli e le figlie restano soli, che cosa ne è di loro e delle loro esistenze, che cosa avviene il giorno dopo?

Tra la violenza e la colpa, resta uno spazio infinito: quello per trovare un senso e continuare a crescere.

Nel secondo incontro formativo del progetto SVOLTARE, è venuto a trovarci Alfredo T. Vent’anni, jeans con il risvoltino, faccia pulita e modi gentili.

Cosa vorrà questo ragazzo? Ci siamo domandate.

Aveva appena quattro anni, il 23 febbraio del 2003, quando suo padre sparò, sulle scale di una chiesa, alla sua mamma Giovanna, giovane venticinquenne.

Un colpo solo alla nuca.

Un colpo che manda in frantumi la vita di una donna, suo figlio piccolo, la sua famiglia.

“Voglio raccontare la mia storia, voglio lavorare perché è necessario  mettere in campo azioni e interventi adeguati per ridurre il più possibile, il devastante impatto negativo del trauma su noi familiari, scoprire le reali necessità e bisogni di bambini e adolescenti vittime di femminicidio, preparare raccomandazioni e linee guida da diffondere anche a livello europeo per affrontare il problema in maniera efficace.”

Ma ti ricordi la tua mamma? Gli ha chiesto Francesca.

“No, ho un’immagine vaga di lei. Ma ricordo le sue urla, la puzza di bruciato quando mio padre venne ad incendiare le macchine sotto casa, il suo profumo fresco , leggo il suo quaderno dove ha segnato tutto quello che ha subito. Mi raccontano della sua voglia di vivere, del suo impegno in parrocchia, del suo bel sorriso”

Ci ha raccontato la sua storia con garbo e dolcezza, con dolore e disperazione sopita. “So che mio padre è fuori, è su FB ha una nuova compagna… Ora ho il cognome di mia madre, studio legge, voglio aiutare chi ne ha bisogno…”

Svoltare si può e si deve per Alfredo, per Giovanna e per noi.

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Lilli Antonacci

Franca Dente

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