Il Re è nudo!

“….Nessuno voleva confessare di non vedere niente, per paura di passare per uno stupido, o un incompetente. Tra i tanti abiti dell’imperatore, nessuno aveva riscosso tanto successo. “Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”, disse a un certo punto un bambino. “Santo cielo”, disse il padre, “Questa è la voce dell’innocenza!”. Così tutti si misero a sussurrare quello che aveva detto il bambino. “Non ha nulla indosso! C’è un bambino che dice che non ha nulla indosso!” “Non ha proprio nulla indosso!”, si misero tutti a urlare alla fine. E l’imperatore rabbrividì, perché sapeva che avevano ragione; ma intanto pensava: “Ormai devo condurre questa parata fino alla fine!”, e così si drizzò ancora più fiero, mentre i ciambellani lo seguivano reggendo una coda che non c’era per niente.                                                     

Hans Christian Andersen, Gli abiti nuovi dell’Imperatore

Per gestire in maniera socialmente utile il territorio è importante conoscerlo e conoscere la sua storia, e la sua gente.

Ed è importante che quest’ultima eserciti la propria capacità di “vedere”, al di là delle mode e delle suggestioni.

Poi è necessario che le persone siano anche disponibili a “fare” insieme.

Sono qualità ispirate naturalmente dall’esigenza di sopravvivere nel migliore dei modi.

Si esercitano attraverso la capacità umana per eccellenza, quella che si esprime attraverso la Comunità consapevole.

Da sempre abitare un luogo ha significato interpretarne le potenzialità, oltre che convivere con i rischi che vi erano connessi.

E la gente ha dovuto imparare a governare lo spazio, a darsi regole, a concordare usi e costumi attraverso il ricorso a continue contrattazioni che garantivano, alla fine, l’interesse dei più.

Nel tempo l’insieme delle soluzioni trovate ha costituito un patrimonio da ereditare e da incrementare raffinandone le tecniche.

La sapienza locale ha tramandato fino ai nostri giorni le migliori strategie per “quel” luogo e in “quelle” condizioni.

Strategie che negli anni recenti non abbiamo più saputo riconoscerle.

L’ambizione che si propone il Programma U’Vicinanzo è quella di fare da catalizzatore tra gli elementi virtuosi che appartengono alla nostra tradizione e che da troppo tempo sono trascurati.

Il Ciclo dei seminari è stato pensato per provocare discussioni, e per coalizzare gli interessi intorno a un percorso che può creare nuove opportunità, estraendo dal Capitale sociale locale le tracce di una sapienza antica e che oggi appare non più frequentata.

Non per ripeterla così com’è, non ci interessa quel tipo di folklore che è tanto ricercato da venditori di immagini e perfino da certi Amministratori locali.

La società è dinamica, si adatta alle modifiche del contesto, sa migliorare.

Le tecniche di una volta sarebbero oggi in gran parte inadeguate, riproporrebbero forme non più collegate alle ragioni che le hanno realizzate.

Nessuna nostalgia è perciò ammessa, e non avrebbe nemmeno senso:

nostalgico è chi ha ormai perduto qualcosa.

Noi abbiamo soltanto “sospeso”, il nostro saper fare.

Abbiamo semplicemente lasciato che ci affascinasse l’idea di uno sviluppo senza fine.

Uno sviluppo che prometteva felicità tecnologica, affrancamento dalla fatica, e che ci illudeva di poterci liberare dalla povertà.

In cambio ci chiedeva di esercitare il ruolo di clienti:

non ci consentiva di produrre, dovevamo soltanto acquistare.

Oggi che il meccanismo si è inceppato, e che il Meccanico non sa rimettere in moto la Macchina, quel modello si mostra finalmente nudo, e siamo in grado di vederlo.

Oggi non abbiamo più bisogno di lavorare per necessità che non sono nostre, nè di perseguire vantaggi che erano per altri.

Possiamo finalmente non sentirci inadeguati, il vestito che ci mostravano non esiste, e oggi  finalmente possiamo convincerci che non siamo “incompetenti“.

Abbiamo al contrario una sapienza antica, che sa trovare soluzioni, e soprattutto che è fatta di capacità locali.

Che ci appartiene, insomma.

L’esperienza che stavamo soffocando potrà riemergere e sapremo trasformarla di nuovo in economia ad alto valore aggiunto.

La ri-acquisita dignità ci consentirà di offrire e rivendicare collaborazione “con pari dignità” alle Istituzioni.

Con una idea di sussidiarietà orientata alla costruzione di una rete tra le Istituzioni e il privato sociale, e che sia finalizzata all’utilizzo di risorse economiche locali, nazionali e comunitarie.

Immaginiamo un Progetto che sia “luogo” di incontro e di scambio per i diversi punti di vista, e che sappia mettere insieme
tutte le esperienze della moderna socialità.

Esperienze che, prendendosi carico dei bisogni locali, puntino all’armonizzazione dell’uso delle risorse, interne ed esterne al Progetto stesso.

Quando più Attori dell’ambito didattico, della ricerca, dell’economia e della politica attenta e del Terzo Settore in genere, condividono la finalità di soddisfare le esigenze delle persone:

–  si creano nuovi stili collaborativi,

–   si riorganizza l’architettura sociale dei contesti

–  si apre il dialogo tra i territori rurali e i centri  urbani,

–  si aiuta il territorio a migliorare se stesso.

Di nuovo saremo capaci di realizzare un Futuro “nostro“, condiviso e costruito insieme.

Soltanto chi pensa, nonostante tutto, di continuare a trarre vantaggio dal Sonno della Ragione, potrà fingere ancora che il Re abbia un bel vestito.

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