Io sono Caterina

“Essere donna, femminista, impegnata politicamente ed impegnata nel sostegno delle donne è per me una condizione fondamentale per creare cambiamento, per me stessa, per mia figlia, per tutte le donne. Un cambiamento culturale e comportamentale che possa così in futuro portare la donna a vivere in una condizione diversa. Non è sempre facile: capita infatti che mi senta diversa, non compresa, non capita sia nei confronti con gli altri, sia nelle scelte da me fatte. Molto spesso infatti chi si discosta da un’abitudine sociale o da un’idea culturale, non viene capito o apprezzato e si ritrova così a dover motivare le proprie azioni in un contesto che non sempre è pronto o ha voglia di mettersi in discussione o di capire.

Ho sempre rimpianto gli anni 60-80, impregnati in battaglie delle donne che hanno lottato in prima linea per i propri diritti, anni in cui il femminismo ha portato un cambiamento. Mi è sempre mancata l’esperienza di partecipazione dei cortei in piazza, l’esperienza di autocoscienza, dell’attivismo politico di quei tempi. Mi accompagnava il pensiero che molte delle battaglie fossero già state fatte, a quell’epoca, conquistate e quindi assodate ad oggi. E che noi degli anni successivi poco avremmo potuto fare rispetto a tutto quello che già era stato fatto.

Questo, purtroppo, è vero in parte. Se noi donne abbiamo conquistato tanto nel passato, nel presente abbiamo ancora bisogno di lottare tanto per i nostri diritti, la nostra dignità. E’ passato tempo da quando i miei occhi hanno iniziato a vedere: all’inizio era tutto sfocato, non c’era una collocazione di significato, o temporale, o razionale. Solo nel 2007, grazie al corso di formazione dell’Associazione Differenza Donna, ho avuto la possibilità di indossare degli occhiali e mettere a fuoco ciò che avevo davanti.

Dopo quel corso è stato tutto più chiaro, possibile, tutto si è ridefinito. Ho iniziato così a dare il nome alle cose, che è proprio il primo passo per vederle, per prenderne consapevolezza, per poterle comprendere.
Non avrei mai pensato che avrei preso parte anche io a quella battaglia che sembrava così lontana e che ne sarei stata addirittura promotrice, insieme alle compagne di Differenza Donna.
Aver scelto di portare questa consapevolezza in un territorio per me nuovo e a tratti sconosciuto, mi ha permesso di conoscere molte donne che, come me, iniziavano a vedere ma che avevano bisogno di chiarezza.

E’ iniziato così un grande percorso di conoscenza, sorellanza e di consapevolezza di gruppo, che ci ha permesso di continuare quello che invece è il laboratorio costante di autocoscienza e autodeterminazione personale, partendo dalla consapevolezza che siamo tutte discriminate per il solo fatto di essere donne.

Il lavoro costante è quello in primis di ritagliare su di sé le discriminazioni subite ed elaborarle in gruppo portando forza e contenuto rispetto ad una lotta che ci vede tutte coinvolte nonostante le diverse modalità, le diverse dinamiche, le diverse tempistiche.
Il mio impegno costante non mi porta ad avere la sensazione che io stia cambiando il mondo, ma ho la certezza che dall’incontro con le donne è possibile un cambiamento in ognuna di noi, di loro. Quello che succede nell’incontro autentico, nell’incontro libero da stereotipi e pregiudizi, nell’incontro in cui si ha la possibilità di dirsi con franchezza quello che in realtà è, è una cosa potente, liberatoria, a tratti anche spaventosa, che dà la possibilità di crescere sia personalmente sia in quanto gruppo.

Perché autodeterminarsi rispetto al proprio pensiero è qualcosa a cui poi non si può più rinunciare, se lo si sperimenta una volta, non si potrà più farne a meno. E’ per questo che spero e mi attivo, tramite l’Associazione Differenza Donna, affinché quante più donne di questo mondo possano sperimentarsi in questa modalità almeno una volta nella propria vita, così da poterla fare propria, costantemente.

E’ proprio per dare risposte concrete alle donne vittime di violenza affinché possano autodeterminarsi, il Progetto SARA, sostenuto da Fondazione con il Sud, ci permette di realizzare azioni specifiche. Questo significa poter dare un piccolo aiuto con voucher abitativi e lavorativi, con percorsi di bilanci di competenze, con incontri con medici specialisti per rivalutare l’importanza di prendersi cura di sé a livello sanitario. Questo ci permette di completare al meglio quello che è sempre stato il nostro lavoro sul territorio, con la speranza di poter attuare queste risposte costantemente in maniera sistematica e duratura nel tempo”.

Caterina Pafundi, Responsabile Centro Antiviolenza Aretusa – Atena Lucana

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