Sfruttamento lavorativo in Campania: l’analisi di due anni di osservazione e intervento

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Sfruttamento lavorativo in Campania: nuove rotte, debito migratorio e il ruolo dei servizi di prossimità

Dopo 2 anni di sportello di assistenza realizzati da Dedalus nell’ambito del progetto “Buon lavoro! Azioni pilota per l’inclusione e il protagonismo dei lavoratori migranti”, emerge un quadro dettagliato e preoccupante del fenomeno dello sfruttamento lavorativo e della tratta di esseri umani in Italia. L’analisi rivela una realtà drammatica: negli ultimi due anni sono stati valutati e assistiti circa 60 lavoratori migranti sottoposi a condizioni di grave sfruttamento ed assoggettamento alle reti dei trafficanti.

Origini e modalità di ingresso

La maggior parte dei lavoratori seguiti dai servizi di assistenza promossi e realizzati da Dedalus proviene dal Bangladesh (52%), seguito da Marocco e India (entrambi al 15%), Tunisia (8%) e altri paesi (10%). Le modalità di ingresso sono principalmente tre: con visto per lavoro (77%), via mare attraverso la Libia (18%) e via terra lungo la rotta balcanica (5%). L’arrivo in Italia rappresenta spesso l’ultima tappa di un percorso segnato da promesse di lavoro e guadagni, ma anche da inganni e debiti insostenibili.

Il debito migratorio: un vincolo per la vita

Oltre il 70% dei lavoratori che abbiamo ascoltato nei servizi Dedalus ha contratto un debito migratorio, spesso con usurai e in condizioni impossibili da saldare nei paesi di origine. L’ammontare dei debiti è variabile, tra i 7 e i 18 mila euro, a seconda della provenienza e della rotta migratoria ed è un aspetto che interessa in misura drammatica i migranti provenienti da Bangladesh ed India. Questi debiti coinvolgono non solo il singolo lavoratore, ma anche le famiglie rimaste in patria, che subiscono minacce e pressioni se non vengono pagati gli interessi, spesso a tassi da usura.

Il debito migratorio diventa così un vincolo che lega il lavoratore a reti di sfruttamento, impedendogli di denunciare le proprie condizioni e costringendolo a lavorare in qualsiasi situazione, anche la più degradante. Il pagamento degli interessi può trasformarsi in un obbligo a vita, e il mancato pagamento espone i lavoratori e le loro famiglie a minacce e conseguenze gravissime.

Il ruolo degli intermediari e delle reti criminali

Gli intermediari, spesso connazionali dei lavoratori, svolgono un ruolo chiave nel reclutamento, nell’organizzazione del viaggio e nell’insediamento sul territorio italiano. Offrono servizi che vanno dall’alloggio ai contatti con i datori di lavoro, fino all’assistenza amministrativa per ottenere i documenti. In molti casi, questi servizi sono solo una copertura per l’assoggettamento dei lavoratori, che vengono isolati, minacciati e costretti a lavorare in condizioni di sfruttamento estremo.

Soprattutto nei casi di ingresso con i cosiddetti “flussi” di lavoratori stranieri, le reti di intermediazione hanno un ruolo importante. Accolgono i lavoratori all’arrivo, li accompagnano nei luoghi di lavoro, gestiscono i rapporti con i datori di lavoro e, nei casi più gravi, controllano ogni aspetto della vita dei lavoratori, compreso il trasporto e l’accesso ai servizi essenziali.

Le principali tipologie di sfruttamento

Le richieste di assistenza rivolte ai servizi Dedalus riguardano principalmente casi in cui si intrecciano grave sfruttamento lavorativo, traffico di migranti, servitù da debito, caporalato e truffe legate ai documenti. Molti lavoratori si rivolgono ai servizi territoriali, perché nel tempo le condizioni di lavoro sono diventate insostenibili.

In alcuni casi, i lavoratori vengono impiegati in agricoltura, nell’edilizia o nell’industria tessile, con paghe irrisorie rispetto a quanto promesso, orari di lavoro estenuanti (fino a 12-13 ore al giorno, senza pause settimanali), alloggi degradati e condizioni igieniche precarie. Altri sono vittime di infortuni sul lavoro, spesso senza protezioni e senza possibilità di accedere alle cure mediche. In molti casi, i lavoratori non possono allontanarsi dai luoghi dove vivono e lavorano, e sono costantemente minacciati o intimiditi. Spesso, vengono soggiogati da intermediari e datori di lavoro con ulteriori inganni e promesse di ottenere i documenti.

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Storie di sfruttamento: i volti dietro i numeri

Tra le storie raccolte da Dedalus, emerge quella di R., S., N. e G., lavoratori indiani arrivati in Italia con visto stagionale nel dicembre 2023. Hanno pagato 12.500 euro a testa a un connazionale per ottenere visto, documenti, alloggio e lavoro retribuito. Il debito è stato contratto con usurai, con interessi mensili di 250 euro. Arrivati in Italia, sono stati prelevati dalla rete dell’intermediario e condotti in Campani, alloggiati in container presso un’azienda bufalina. Hanno lavorato oltre tre mesi, senza pause, per una paga concordata di 25 euro al giorno, ma hanno ricevuto solo 400 euro a testa. Dopo quattro mesi, l’intermediario ha chiesto altri 5.000 euro a testa per i documenti. I lavoratori quindi hanno deciso di rivolgersi ai servizi territoriali e alle autorità, trovando sostegno per la denuncia della situazione e orientamento verso percorsi di inclusione e protezione.

Un’altra storia è quella di T., 20 anni, del Bangladesh, arrivato con visto a settembre 2023. La sua famiglia ha contratto un debito di 7.000 euro con un usuraio, convinta dalla prospettiva di un lavoro ben retribuito. Arrivato in Italia, è stato prelevato dalla rete all’aeroporto e condotto in provincia di Napoli, dove ha lavorato nella raccolta di cipolle e ravanelli per 12-13 ore al giorno, senza accesso alle cure mediche e con continui maltrattamenti. Tutti i guadagni sono stati inviati in Bangladesh for pagare il debito: la sua famiglia ha ricevuto solo 400 euro per quattro mesi di lavoro. Dopo essersi allontanato, ha subito minacce da parte dell’usuraio ed ha continuato a vivere in condizioni di marginalità; assistito nella domanda di protezione internazionale, è in attesa di una decisione della Commissione Territoriale.

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