Anche Pazzi per la Radio, antenna di comunicazione sociale si occupa di spreco alimentare

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Nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto 2016 è stata pubblicata la Legge 19 agosto 2016, n. 166 (“Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”) le cui disposizioni entreranno in vigore il prossimo 14 settembre 2016. 

Ogni anno buttiamo via quasi 16 miliardi di cibo commestibile, praticamente l’uno per cento del prodotto interno lordo. Sprecato, finito nel cestino della spazzatura lungo la filiera che dal campo alle nostre case. I maggiori colpevoli? Siamo noi, privati cittadini che gettiamo verdura, pane, carne andata a male con una media di 600 grammi al giorno per aver calcolato male la spesa o comprato in dosi eccessive, cucinato troppo o perché incapaci di riutilizzare gli avanzi. Se l’anno scorso quotidianamente nella spazzatura finivano 50 grammi in più di cibo, per un totale di 8,4 miliardi di euro, quest’anno la situazione è lievemente migliorata: sono scesi a 8 miliardi gli alimenti commestibili.

Qui però si parla di percezione, i dati sono frutto di questionari perché non ci sono metodi ufficiali di calcolo, tanto che lo spreco domestico reale dagli esperti è valutato sui 12 miliardi, poco di un miliardo quello che avviene sul campo, un miliardo 160 nell’industria, quasi un miliardo e mezzo nella grande distribuzione. Eppure nonostante nelle nostre abitazioni avvenga lo scempio maggiore di cibo commestibile, nessuno in Italia ha l’esatta percezione del fenomeno. Quattro famiglie su cinque sono convinte che a “bruciare” alimentari ancora buoni da mangiare sia soprattutto la grande distribuzione, non il comportamento individuale.

Il world food day. A fotografare il rapporto degli italiani col cibo, sono i dati 2016 dell’Osservatorio nazionale di Waste Watcher,  spin off dell’Università di Bologna che da anni si occupa di combattere questo fenomeno con indagini e proposte, fino ad arrivare quest’anno all’approvazione della legge che favorisce, tra premi e bonus fiscali, le aziende che invece di gettare cibi in scadenza, confezioni ammaccate ma di alimenti buoni da mangiare, li danno in solidarietà. Cibo che, tra l’altro,  va ad aiutare il Banco Alimentare che riversa gli alimenti ad oltre ottomila associazioni sparse per l’Italia. E qualche segnale positivo viene anche dalle interviste elaborate da Waste Watchers.    

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Perché e quali sono le zone dove si butta più cibo. Guardando le tabelle che raccontano il rapporto con i prodotti alimentari che compriamo emerge che i motivi per cui troppe verdure, pane o confezioni aperte finiscono nella pattumiera, secondo gli italiani, è dovuto al fatto che: il 48% acquista troppo, il 25% non sa conservare, il 9% viene sedotto da troppe offerte, l’8 per cento cucina troppo, il 6 per cento lo imputa al fatto che i cibi venduti sono troppo vecchi. Il risultato è che il 2 per cento butta nella pattumiera cibo quasi ogni giorno cibi che si potrebbero usare, il 4% lo fa 3,4 volte alla settimana, il 14 fino a due volte la settimana, il 30 meno di una volta alla settimana e la metà degli italiani giura di non farlo quasi mai. Se poi si divide la questione per aree, si spreca cibo più al sud che al centro, i più “bravi”, almeno stando alle dichiarazioni, vivono al nord.

Le verdure nella hit parade degli sprechi. A venir gettate sono soprattutto confezioni già aperte nel 68% dei casi. Come alimenti la frutta cade nel cestino (31%), seguita dall’insalata (29%), verdure (19) e pane (17 %).  Agli ultimi posti come alimenti buttati via la carne cruda e cotta per un totale de 13 %. E vediamo quali sono i motivi per cui nelle nostre case si butta via cibo: gli italiani tirano in ballo nel 41 % dei casi la muffa, nel 34 % il fatto che le verdura e la frutta spesso conservate in frigo quando vengono portate a casa vanno subito a male, il 25 parla di un cattivo sapore, il 22 il fatto che il prodotto è scaduto, il 13 che ha calcolato male le cose che gli servono, l’11 perché ha cucinato troppo cibo, l’8 % le confezioni troppo grandi. L’otto per cento ammette troppi acquisti perché teme di non aver cibo a casa a sufficienza e il 5 di aver sbagliato scelta acquistando alimenti che non gli sono piaciuti mentre il 4, a differenze delle nostre nonne, non ama riciclare gli avanzi.

Cosa cambia e migliora. Nel comportamento qualcosa però sta cambiando: da 650 grammi quotidiani quest’anno siamo scesi a 600 per famiglia, per un valore di circa 7 euro. Sette famiglie su dieci hanno imparato a fare sempre la lista della spesa, cosa che consente di programmare gli acquisti e limitare i danni da troppo cibo rispetto alle esigenze, e sempre più spesso insegnano ai figli a non sprecare. Sarà poi dovuto alla crisi, ma ormai il cibo appena scaduto nell’80 per cento dei casi viene controllato che non sia andato a male e riutilizzato. Un dato in netta crescita

I diari della pattumiera. “C’è maggior attenzione e la vogliamo tramandare ai nostri figli. Insegnare a non sprecare cibo è un atteggiamento che è passato a coinvolgere dal 62% al 67% degli italiani. Ma ci si dimentica ancora che la pattumiera casalinga è un serbatoio enorme di spreco: è passata  dal 15 % del 2015 al 24% del 2016,  ma solo un italiano su 5 lo riconosce. Uno dei problemi da risolvere è che la nuova legge non prevede strumenti precisi di monitoraggio scientifico dello spreco. Per questo a fine ottobre partirà in mille famiglie l’iniziativa dei diari, dove attraverso dettagliate descrizioni da parte di nuclei sparsi sul territorio con valenza statistica si cercherà di avere un monitoraggio scientifico elaborato  con l’università di Bologna”. Così Andrea Segrè, fondatore di Last Minute market e presidente del comitato per il programma di prevenzione rifiuti e sprechi del ministero dell’ Ambiente

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