Riforma del Terzo Settore, una discussione aperta anche in “Pazzi per la Radio 2 Fuori la voce”

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Dopo un po’ di decenni finalmente è stata approvata la nuova legge sul volontariato. Una riforma che potrebbe rappresentare la svolta tanto attesa per il mondo del Terzo Settore che incassa un riconoscimento giuridico agonato e prougnato. La legge delega votata in via definitiva dalla Camera dei deputati dà mandato al governo di riorganizzare e semplificare l’intero comparto definendone il framework e armonizzandone le norme con un Codice. La nuova legge propone un unico Registro nazionale, rivedendo la normativa sull’impresa sociale, istituendo il servizio civile universale (aperto anche agli stranieri regolarmente soggiornanti). Adesso sarà il governo, che dalla entrata in vigore della legge avrà un anno per dare attuazione effettiva ai principi sollecitati nella nuova legge e lo dovrà fare attraverso i decreti legislativi delegati. Quindi fino al giungo 2017 il governo dovrà emanare leggi che diano sostanza alla riforma. Intanto tutti i soggetti del terzo settore diventano parte di una unica famiglia e ricomponendo la denominazione di Terzo Settore ovvero come il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi. Ciò in qualche modo uniforma e semplifica anche tutte le materie in campo fiscale che nel corso degli anni si sono infoltite. La novità è quella di prevedere vantaggi fiscali solamente per alcune realtà valutate come meritevoli. Ma intanto quali siano i criteri di meritocrazia e qual sarà l’organo che avrà questo ruolo è ancora piuttosto nebuloso. Diventa però più facile ( riveduto e corretto ) il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, ma si prevedono nuove e più dettagliate informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi, innovative norme per rendere obbligatoria la trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente. Sempre in ambito di riassesto sarà emanato un Testo Unico del Terzo Settore in cui sarà possibile inquadrare facilmente le attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, così come sarà previsto anche che nella contabilità siano separate e distinte sulla base della loro finalizzazione alla realizzazione degli scopi istituzionali, un Codice del Terzo Settore.

 

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Sarà rivisto e riaggiornato il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore che sarà suddiviso in specifiche sezioni, da istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, favorendone, anche con modalità telematiche, la piena conoscibilità in tutto il territorio nazionale.Lo stesso tipo di riordino sarà previsto anche per gli enti con finalità di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Per le organizzazioni d volontariato si prevede, però, uno specifico riconoscimento e una valorizzazione dei princìpi di gratuità, democraticità e partecipazione, e andrà favorita all’interno del Terzo settore “la specificità delle organizzazioni di soli volontari, comprese quelle operanti nella protezione civile, e le tutele dello status di volontario”. E veniamo alla parte più innovativa: le imprese sociali. La nuova legge si incardina su specifiche norme che avranno il ruolo di facilitare e sostenere – secondo la visione del governo – una nuova imprenditoria sociale che parallelamente a quella esistente e prevalentemente di natura cooperativa, sviluppi le proprie potenzialità in grado di affrontare, con una finalità sociale, risposte ai tanti bisogni che oggi non trovano una risposta appropriata. L’ingresso dell’impresa sociale nell’ordine complesso degli enti del Terzo Settore appare come la più cospicua novità. Definita come organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che destina i propri utili prioritariamente allo svolgimento delle attività statutarie adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti, e favorendo il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività. Un po’ vaga come definizione, e soprattutto molto ottimista ed in visione favolistica. Sono previsti limiti più stringenti rispetto al testo che fu votato alla Camera rispetto alla remunerazione del capitale, la cui soglia è in linea con quella per le cooperative a mutualità prevalente. All’interno della riforma in primo piano anche il “servizio civile universale”, primo passo per arrivare all’obiettivo fissato dal governo di 100 mila volontari l’anno. Dopo lungo argomentare nel testo c’è il riferimento alla “difesa armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica” mentre fra i giovani che potranno partecipare ai progetti sono previsti anche gli stranieri regolarmente soggiornanti. Il servizio civile riguarderà giovani dai 18 ai 28 anni, italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, che saranno ammessi al servizio tramite bando pubblico. Quanto alle competenze, viene esplicitamente attribuita allo Stato la “funzione di programmazione, organizzazione, accreditamento e controllo del servizio civile universale”, prevedendo la “realizzazione, con il coinvolgimento delle Regioni, dei programmi da parte di enti locali, altri enti pubblici territoriali ed enti di Terzo settore”. Viene però data la “possibilità per le Regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali e gli enti di Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati”. Prevista attenzione alla trasparenza delle procedure di gestione e alla valutazione dell’attività svolta dagli enti accreditati, che dovrà riguardare anche i contributi erogati dal Fondo per il servizio civile. Viene stabilito anche che il governo dovrà procedere al “riordino e revisione della Consulta nazionale per il Servizio civile universale”, presentata come “organismo di consultazione, riferimento e confronto per l’Amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività tra tutti gli enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza per ciascun settore di intervento”.

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E’ prevista inoltre la riforma dei CSV provinciali e una riassunzione dei compiti a loro attribuiti, anche in riferimento alla loro governance e al principio, che viene affermato, della cosiddetta “porta aperta“, che garantisce l’entrata di altri organismi e quindi una più puntuale democraticità I Csv (che forniscono supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore) vengono finanziati stabilmente con le risorse della legge 266/1991 (prevista contabilità separata per altre risorse). Previsto il libero ingresso nella base sociale e criteri democratici per il funzionamento dell’organo assembleare, con l’attribuzione della maggioranza assoluta dei voti nell’assemblea alle organizzazioni di volontariato. Sarà il governo a definire le forme di incompatibilità per i soggetti titolari di ruoli di direzione o di rappresentanza esterna. I Csv non potranno procedere a erogazioni dirette in denaro o a cessioni a titolo gratuito di beni mobili o immobili a beneficio degli enti del Terzo settore. Il sistema di trasparenza e controlli è affidato al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Sarà dunque un organo dello Stato, che avvalendosi del sostengo di un nuovo organismo, il “Consiglio nazionale del Terzo Settore” descritto come “organismo unitario di consultazione degli enti di Terzo settore a livello nazionale” a procedere al monitoraggio degli enti e al rispetto delle regole sulla trasparenza.

Gabriella Dragani

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