Per il “Maggio dei Libri”: i suggerimenti dai radioascoltatori di “Pazzi per la radio 2 – Fuori la voce”

Per il “Maggio dei libri” il Progetto “Pazzi per la Radio 2 – Fuori la Voce” vuole proporre un articolo sulla lettura e seguendo le indicazioni di alcuni radioascoltatori, gli incipit dei loro libri più amati. Qualcuno ci ha suggerito che il libro scelto non è proprio quello più amato ma è “sicuramente quello che lo guida come un piccolo vademecum per la vita di tutti i giorni”

download (1)   Da “Memorie di Adriano” di Margarite Yourcenar , libro scelto dal nostro radioascoltatore da Mirto, Antonio P. Russo

Di tanto in tanto, credo di riconoscere la fatalità in un incontro, in un presagio, in un determinato susseguirsi di avvenimenti, ma vi sono troppe vie che non conducono in alcun luogo, troppe cifre che a sommarle non danno alcun totale. In questa difformità, in questo disordine, percepisco la presenza di un individuo, ma si direbbe che sia stata sempre la forza delle circostanze a tracciarne il profilo; e le sue fattezze si confondono come quelle di un’immagine che si riflette nell’acqua. Io non sono di quelli che dicono che le loro azioni non gli assomigliano: bisogna bene che le mie mi assomiglino, dato che esse costituiscono la sola l’esser mio, il solo mezzo di cui dispongo per affidare me stesso alla memoria degli uomini, e persino alla mia; dato che forse l’impossibilità di continuare a esprimersi e a modificarsi con nuove azioni costituisce la sola differenza tra l’esser morti e l’esser vivi. Pure, tra me e queste azioni che mi configurano si apre uno jato indefinibile, e la prova ne è che sento senza posa il bisogno di soppesarle, di spiegarmele, di rendermene conto. Vi sono lavori di breve durata, senza dubbio trascurabili; ma altre occupazioni, che si prolungarono tutta la vita, non hanno maggior significato. Per esempio, nel momento in cui scrivo, mi sembra a malapena essenziale d’esser stato imperatore.”

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 Da “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez, libro scelto dalla nostra radioascoltatrice Giuseppina Fiore da Cosenza.

«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».

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Da “Moby Dick” di Hermann Melville, libro scelto dalla nostra radioascoltatore Boris Filice da Cosenza

“Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E’ un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c’è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l’altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l’oceano.”

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Da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupèry, libro scelto dalla nostra radioascoltatrice Miriam Pelligrini da Cosenza

“Una volta quando avevo sei anni, in un libro sulla foresta vergine che si intitolava “Storie della natura”, vidi un disegno stupendo. Raffigurava un serpente boa che ingoiava un animale. “I serpenti boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo non riescono più a muoversi e dormono per i sei mesi chi gli occorrono per digerire”.Mi colpi molto. Fu allora che feci il mio primo disegno. Era più o meno così. – Ti fa paura? – Perché dovrei avere paura di un capello? – Non è un cappello. È un serpente che digerisce l’elefante. – Cosa? – Faresti meglio a pensare alle cose serie”

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Da “Il Trono di Spade” di George R. R. Martin libro scelto dal nostro radioascoltatore Luigi Marrazzo da Cirò Marina

“Le tenebre stavano avanzando. “Meglio rientrare”. Gered osservò i boschi attorno a loro farsi più oscuri. “I bruti sono morti”. “Da quando hai paura dei morti?” C’era l’accenno di un sorriso sui lineamenti di Sir Waymar Royce. Gared non raccolse. Era un uomo in età, oltre i cinquanta, e di nobili ne aveva visti andare e venire molti. “Ciò che è morto resta morto” disse “e noi non dovremmo averci niente a che fare.” “Che prova abbiamo che sono davvero morti?” chiese Royce a bassa voce. “Will li ha visti. Come prova, a me basta.” Will sapeva che prima o dopo l’avrebbero trascinato nella discussione. Aveva sperato che accadesse dopo, piuttosto che prima. “Mia madre diceva che i morti non parlano” s’intromise. “Davvero, Will?” rispose Royce. “E’ la stessa cosa che mi diceva la mia balia. Mai credere a quello che si sente vicino alle tette di una donna. C’è sempre da imparare, perfino dai morti.” La foresta piena d’ombre rimandò echi della voce di Sir Waymar. Troppi echi, troppo forti e definiti. “Ci aspetta una lunga cavalcata” insisté Gared. “Otto giorni, forse nove. E sta calando la notte.” “Cala ogni giorno, quasi sempre a quest’ora.” Ser Waymar alzò uno sguardo privo d’interesse al cielo che imbruniva. “Qualche problema con il buio, Gared?” Will vide le labbra di Gared stringersi e la rabbia repressa a stento invadere i suoi occhi. Gared aveva passato quarantanni nei Guardiani della notte, la maggior parte della sua vita di ragazzo, tutta la sua vita di uomo, e non era abituato a essere preso con leggerezza. Ma questa volte nel vecchio guerriero c’era qualcosa di più dell’orgoglio ferito. Una tensione nervosa che arrivava pericolosamente vicino alla paura.”

 PERCHE’ E’ IMPORTANTE LEGGERE.

Nel mondo contemporaneo, che privilegia l’azione e l’espansività, leggere è considerata un’occupazione passiva, poco attraente, insomma, quasi una perdita di tempo. I dati parlano chiaro: in Italia i lettori sono solo il 38% sul totale della popolazione di età superiore ai 14 anni, ma solo il 10% si possono definire “abituali”, mentre chi legge più di una decina di libri all’anno rappresenta solo il 6,9%. Dunque i dati dimostrano come quello italiano sia un popolo non molto propenso alla lettura. Un altro elemento che fa riflettere può essere riassunto con questa frase: “Più dottori che lettori”: stiamo diventando un popolo di dottori ma non di lettori. Col risultato che il “pezzo di carta”, alias la laurea, certifica sempre meno la reale competenza.Pur senza nulla togliere alla grande importanza avuta in Italia dalla scolarizzazione di massa e alla benefica mobilità sociale che ha favorito, assistiamo da qualche decennio al fenomeno dei cosiddetti analfabeti culturali”, persone con un elevato titolo di studio che, dopo il conseguimento della laurea, non hanno mai più aperto un libro.

Ma perché dobbiamo leggere? Quali sono i vantaggi che possiamo avere, soprattutto noi giovani, dalla lettura? Ci rende più coscienti e consapevoli della realtà che ci circonda, meno soggetti a pregiudizi e condizionamenti e, facendoci muovere nel tempo e nello spazio, arricchisce le nostre esistenze. Nella società del XXI secolo, dove la comunicazione ed, in particolar modo, l’informazione, hanno un ruolo strategico, in cui l’obsolescenza delle conoscenze richiede un aggiornamento continuo, in cui i raggiungimenti della scienza e della tecnica rivoluzionano di continuo le nostre esistenze e le nostre abitudini, leggere ed aggiornarsi diventa quasi una necessità vitale, un’attività dettata dall’istinto di sopravvivenza.

All’interno di ogni libro c’è una storia da scoprire, composta da personaggi che possono o meno rispecchiare il nostro modo di vivere ed in entrambe i casi possiamo cercare di scoprire nuovi tasselli capaci di farci crescere sia mentalmente, sia emotivamente, un poco di più. La lettura è anche un piacere, fisico e psichico poiché saper godere di una bella frase, della perfetta eloquenza di uno scrittore, dell’architettura ben progettata di un romanzo, è un piacere intellettuale e dei sensi, stimolando la memoria ed il ricordo.

Anche la lettura dei quotidiani riveste un ruolo di primissimo piano: al giorno d’oggi, in cui vige un certo relativismo e una dannosa omologazione del pensiero, è necessario stimolare i giovani ad avere una propria opinione sui grandi accadimenti di cronaca, politica e costume e far sviluppare in loro uno spirito critico che li aiuta a essere più autonomi e maturi. Ciò li rende maggiormente consapevoli del loro ruolo di cittadini italiani ed europei di oggi e di domani. Certo, scriveva Gianni Rodari, “il verbo leggere non sopporta l’imperativo”: probabilmente lettori in gran parte si nasce e sarebbe crudele imporre di leggere poesia o narrativa a chi magari ha una mentalità prettamente pratica o  mercantile. Ma lettori si può anche diventare e, comunque, si possono sempre migliorare le proprie propensioni. Dunque…buona lettura!  di Lorenzo Quilici

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