L’oggetto muore, parole e musica sono eterne

dal_7_10_2013radio-art-comunicare-per-sedurre_3225_header Roma . “Abbassa  la tua radio per favor”, recitava il testo di una celebre canzone, “Silenzioso slow” del 1940. Difficile che oggi qualcuno possa ripetere la stessa frase, perché di radio, in giro, ce n’è sempre di meno. Intendiamoci, parliamo dell’oggetto fisico, dei ricevitori che dal secolo scorso ci accompagnano e che hanno preso forme sempre diverse, perché la radio, come strumento di comunicazione, funziona egregiamente, ha un grande successo e nelle sue forme più innovative e moderne, quelle digitali, sta addirittura conquistando nuovi spazi e nuovo pubblico. La radio, come oggetto fisico, invece, è sempre meno diffusa, sempre meno presente. Basta andare in un grande magazzino d’elettronica per rendersene conto, i modelli presenti nei negozi sono sempre di meno, e l’offerta cala di anno in anno, persino per i nostalgici è diventato difficile trovare delle macchine che siano solo e soltanto radio. La radio non è più un oggetto ma un concetto, una funzione all’interno di altri oggetti, un modo di organizzare contenuti e renderli fruibili al pubblico. La radio “vecchio stampo” resiste a fatica, insomma, a casa ha sempre meno spazio, in macchina gode ancora di buona salute, ma ovunque si trasforma, cambia forma. Oggi non c’è una “radio”, anzi a dire il vero uno dei problemi più grandi per chi ama il mezzo e vorrebbe poter avere un ricevitore in grado di poter catturare tutte le forme possibili di radio che oggi abbiamo a disposizione è proprio che non c’è ancora un oggetto definitivo che offra la possibilità di ascoltare le radio web only, le radio tradizionali in am e fm, le radio digitali, quelle satellitari e i podcast.  Si, perché a definire la radio oggi non è più nemmeno il sistema di trasmissione, perché solo parte della radiofonia trasmette usando “onde radio o radioonde sono onde elettromagnetiche, appartenenti allo spettro elettromagnetico, nella banda di frequenza compresa tra 0 e 300 GHz ovvero con lunghezza d’onda da 1 mm all’infinito”, come recita Wikipedia. La radio oggi arriva a noi attraverso la televisione, i computer, gli smartphone e i tablet, i satelliti, internet, e a dire il vero in molti di questi casi per definirla avremmo bisogno di nomi nuovi. Del resto, in principio, più di cento anni fa, la radio non aveva nemmeno questo nome. E non assomigliava in nessun modo all’oggetto che noi oggi conosciamo ed amiamo. I primi esperimenti di Marconi erano in realtà trasmissioni radiotelegrafiche, in cui dei segnali, dei piccoli rumori, venivano trasmessi da una parte all’altra, da un trasmettitore a un ricevitore. Bisognerà aspettare circa venti anni per arrivare ad ascoltare qualcosa che fosse una trasmissione d’intrattenimento, fatta per un pubblico di ascoltatori, un programma vero e proprio, come quelli che siamo abituati ad ascoltare ai giorni nostri. L’oggetto radiofonico è cambiato parallelamente al suo diverso uso ed alla crescente popolarità del mezzo. E si è aggiornato seguendo i tempi e le mode. Le prime radio erano degli oggetti meccanici che avevano poco fascino ma erano perfette per l’uso che se ne faceva nei primi anni del Novecento.

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La radio in origine altro non era che un “wireless telegraph”, un telegrafo senza fili per comunicazioni da punto a punto, lì dove le linee telegrafiche non erano utilizzabili o affidabili. Il passo seguente fu quello di una trasmissione da una fonte simultaneamente a molti riceventi, usando il linguaggio Morse, e le macchine, pur modificandosi e migliorando, non furono molto diverse nell’aspetto. Erano macchine, erano utili per comunicare, non erano ancora strumenti di divertimento o intrattenimento popolare. Tutto cambiò con l’introduzione delle valvole elettroniche, che potevano essere usate in circuiti elettrici che rendevano i ricevitori radiofonici e agli amplificatori centinaia di volte più potenti e che potevano essere utilizzati per costruire dei trasmettitori più compatti ed efficienti. In pochi anni arrivarono sul mercato le prime vere e proprie radio, degli oggetti di legno, abbastanza grandi all’inizio, poi di dimensioni sempre più contenute. Oggetti eleganti, perché dovevano occupare un posto importante nelle case dei pochi fortunati che ne possedevano una, oggetti che avevano un design raffinato e che erano di facile uso. Tra gli anni venti e trenta la radio attraversa un clamoroso periodo di “boom”, entra nelle case di milioni di persone in tutto il mondo e la scatola magica dalla quale escono voci, suoni e rumori, diventa sempre più piccola, meno costosa e di maggiore qualità. Le dimensioni si riducono anche perché la radio, visti i costi in discesa e la sua ampia diffusione, non è più confinata nelle stanze delle case di ricchi signori, ma inizia a entrare in quelle di tutta la popolazione. L’oggetto diventa prodotto in serie, la stessa radio, lo stesso oggetto, è replicato in copie numerose e assume dimensioni da tavolo, più piccola e compatta. Tra gli anni trenta e quaranta l’oggetto radiofonico viene declinato in mille modi diversi, in modelli tra loro molto differenti, da quelli piccoli e compatti a veri e propri mobili in grado di occupare il posto d’onore nel salotto buono, dai grandi cassoni privi di forme ai piccoli oggetti di design, firmati anche, in alcuni casi, da veri e propri artisti. Quando alla fine degli anni Quaranta arriva la radio a transistor tutto cambia nuovamente: la radio non è più un oggetto casalingo, ma un modernissimo e portatile strumento in grado di seguirci durante tutto il giorno. Le piccole radioline a transistor conquistano i cuori degli ascoltatori degli anni Cinquanta, entrano nelle tasche, sono comode e leggere, permettono di ascoltare musica e notizie ovunque. La portatilità non è soltanto una rivoluzione tecnologia, ma il motore di una clamorosa rivoluzione culturale, attraverso la quale la radio conquista il ruolo centrale all’interno dell’universo dell’informazione che ha conservato fino ad oggi. Le radio perdono anche l’ultimo pizzico di seriosa importanza che avevano fino ad allora conservato, escono dalle case e dal controllo dei capifamiglia e diventano di plastica, si colorano di rosso, di giallo, di verde, diventano un oggetto dal costo bassissimo, perfetto per tutte le tasche e soprattutto per quelle dei giovanissimi, che eleggono la radio come strumento di comunicazione principale, come mezzo di divertimento e di svago, come piccolo simbolo generazionale, da mettere accanto ai dischi, ai jeans e al rock’n’roll. Quando alla fine degli anni Quaranta arriva la radio a transistor tutto cambia nuovamente: la radio non è più un oggetto casalingo, ma un modernissimo e portatile strumento in grado di seguirci durante tutto il giorno. Le piccole radioline a transistor conquistano i cuori degli ascoltatori degli anni Cinquanta, entrano nelle tasche, sono comode e leggere, permettono di ascoltare musica e notizie ovunque. La portatilità non è soltanto una rivoluzione tecnologia, ma il motore di una clamorosa rivoluzione culturale, attraverso la quale la radio conquista il ruolo centrale all’interno dell’universo dell’informazione che ha conservato fino ad oggi. Le radio perdono anche l’ultimo pizzico di seriosa importanza che avevano fino ad allora conservato, escono dalle case e dal controllo dei capifamiglia e diventano di plastica, si colorano di rosso, di giallo, di verde, diventano un oggetto dal costo bassissimo, perfetto per tutte le tasche e soprattutto per quelle dei giovanissimi, che eleggono la radio come strumento di comunicazione principale, come mezzo di divertimento e di svago, come piccolo simbolo generazionale, da mettere accanto ai dischi, ai jeans e al rock’n’roll. E gli adulti? Beh, di certo non vengono tagliati fuori dall’evoluzione della radio, anzi, l’avvento dell’alta fedeltà, intesa come una migliore esperienza di ascolto, porta alla nascita di apparecchi radiofonici costosi e più sofisticati, con amplificatori più potenti, filtri, e circuiti elettrici meno rumorosi, in grado di far ascoltare i suoni della radio in maniera più fedele all’originale. Se le piccole radio a transistor che si sentono piuttosto male catturano i cuori dei giovanissimi, le radio da salotto, comprensive di giradischi, degli anni Sessanta conquistano i genitori e gli appassionati di musica, che vogliono ascoltare sempre meglio la musica. Se a questo si aggiunge che i dischi, rigorosamente monofonici, cominciano ad essere stereo, si comprende come la qualità delle trasmissioni radio fosse destinata a migliorare costantemente. I ricevitori radiofonici diventano degli “elementi” dell’impianto stereo, perdono la forma tradizionale della radio per diventare “pezzi” di un insieme sonoro più ricco e complesso. Per la radio la chiave di volta per conquistare sempre di più il pubblico resta la portatilità. Ed ecco allora arrivare le autoradio, delle macchine che inizialmente garantivano un ascolto abbastanza limitato ma che in brevissimo tempo, complice il miglioramento delle trasmissioni e della copertura del territorio da parte delle emittenti, diventano un oggetto desiderato da ogni automobilista del mondo. Le autoradio si diffondono lentamente, a causa dei costi molto elevati dei ricevitori, ma con il passare degli anni diventano un accessorio di serie in tutte le macchine. Quando le trasmissioni in fm vengono “liberate” e nascono le radio private per l’oggetto radio inizia una nuova vita: la stereofonia si diffonde ovunque e le emittenti si moltiplicano come i funghi. Negli anni Ottanta, con l’avvento del walkman, anche la radio si adegua alla nuova moda, diventa sempre più piccola, elimina l’ascolto “aperto” in favore delle piccole cuffiette, si nasconde in mille altri oggetti, diventa radiosveglia, si fa piccina piccina e entra negli orologi, oppure cresce per diventare un ghetto blaster di grandi dimensioni. Insomma, non c’è più una radio ma mille oggetti che trasmettono musica e parole sulle frequenze preferite. E tra breve non ci sarà più nemmeno l’oggetto in se: già oggi è così, con le radio satellitari, che arrivano nelle nostre case dai ricevitori delle tv digitali, o con le radio internet, che non hanno bisogno nemmeno di un ricevitore e sono nascoste tra le pieghe del web, o con quelle che sono nelle nostre tasche all’interno del telefono cellulare o del lettore mp3. Insomma mentre il segnale della radio ha ampiamente superato i cento anni e gode di ottima salute, l’oggetto radiofonico sembra sempre di più destinato a sparire, a diventare una funzione di altri oggetti, a mescolarsi ad altri suoni, ad altre voci, restando sempre, straordinariamente, presente. La radio, nel nuovo mondo digitale, è un modo di organizzare contenuti, non più un modo di trasmetterli e riceverli, cosa che potremmo dire allo stesso modo dei giornali, o dei dischi, che perdendo fisicità hanno perso la forma comprensibile alla quale eravamo abituati. La radio, però, ha un vantaggio, è straordinariamente “contemporanea”, perché è per sua natura portatile, on demand, personalizzabile, si adatta con estrema facilità al nuovo mondo e alle nuove regole. E ha ancora uno splendido futuro davanti a se. 

Ernesto Assante

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