Babou Bojang&Dream Team per un nuovo beat rap @Officine Gomitoli

Condurre giovani talentuosi a scrivere le parole in musica, partendo da esercizi di allenamento, di ritmo e di voce per creare insieme il testo per una canzone rap. Ad un anno di distanza da Culture Migranti è stato nuovamente questo il motivo che ha portato Babou Bojang a tornare a Napoli.

Let’s rap è stato il nome del workshop di composizione musicale che, con il contribuito del Goethe Institut e della Fondazione Alta Mane, per ben tre giorni ha tenuto incollati ai microfoni e alle cuffie ragazzi e ragazze impegnati a scrivere e cantare!

Oltre ad aver ri-unito il mitico Dream Team, il gruppo di giovani che già aveva conosciuto Babou l’anno scorso e che aveva avuto modo di lavorare con lui per poi debuttare alla festa di Culture Migranti, il laboratorio ha attirato anche altri ragazzi e ragazze appassionati di canto e musica.

Rincontrarsi ad un anno di distanza per i ragazzi del Dream Team e per lo stesso Babou è stato emozionante! Ma anche conoscere i nuovi partecipanti è stata una scoperta!

Oltre a voci straordinarie, infatti, abbracci, baci e tanti sorrisi hanno caratterizzato i nostri momenti insieme.

Nel corso dei tre giorni di workshop, partendo con piccoli esercizi di team building e creazione di un ritmo, si è poi subito arrivati a come si scrive un brano musicale? Come si passa dalla scelta collettiva del beat alla scrittura del testo e alla registrazione in studio?

Partendo dalla scelta del beat su cui andare a scrivere i loro pezzi, i ragazzi e le ragazze si sono dedicati in primis a sviluppare la percezione del ritmo. Dopo aver ascoltato differenti stili musicali, legati con energia positiva con un particolare cantato e un bel groove, i ragazzi hanno concordato sulla scelta della base su cui rappare: un pezzo caratterizzato da ritmi veloci e cadenzati ma con linee melodiche addolcite…su cui tutti possono cantare! Tutti tranne Serxho e Daniel! I nostri due giovani talentuosi rapper albanesi che, avendo preferito una base più “strong”, hanno deciso di scrivere e registrare da veri “gangsters”…come li ha simpaticamente definiti Babou!

Dopo aver deciso i beats, i ragazzi, da soli o in coppia, si sono impegnati a sviluppare l’orecchio per il ritmo prescelto. Così, mentre lavoravano al loro vocabolario, provavano a leggere il brano che stavano componendo ad alta voce, facendo caso alla cadenza naturale e provando ad allenarsi al senso del ritmo e del tempo. Questo esercizio li ha aiutati a rendere il modo in cui cantavano più scorrevole e piacevole da ascoltare.

Concentrati sulla scrittura dei loro testi, ragazzi e le ragazze si sono impegnati ad andare al di là del fare delle rime: la sostanza, il contenuto del loro testo! Amore, amicizia, speranza, voglia di libertà e di cambiare vita, coraggio…questi i temi a cui hanno dedicato le loro idee uscite dal cuore.

Scrivendo così tutto quello che gli veniva in testa, senza censurarsi (nei limiti posti da Babou nel suo dire loro “No bad words”) e senza preoccuparsi della forma, i/le partecipanti hanno cominciato ad esternare le proprie emozioni scrivendo in rima e creando, in alcuni casi, dei veri e propri tormentoni tra di loro.

Dopo aver superato la fase di scrittura, parte integrante del laboratorio è stata eseguire e registrare il brano, creato in formazioni d‘insieme attraverso l’utilizzo del canto, imparando il rispetto e l’importanza del proprio ruolo assegnato all’interno del contesto di gruppo. Una volta completati infatti le bozze finali del testo, i ragazzi e le ragazze hanno memorizzato ogni parola e sono passati, uno ad uno, alla registrazione.

Provando e riprovando con cuffie e microfono, tutti hanno utilizzato la tecnica del “rappa e migliora”…

Facendo pratica, rappando sul proprio pezzo e sul ritmo, ognuno ha ragionato sulle difficoltà del brano scritto e, con l’aiuto dei compagni e di Babou, ha ottimizzato la propria strofa.

Una, due, tre, quattro registrazioni e così il brano ha cominciato a prendere vita…

Lavorando sul flow, sul timbro vocale, sul pathos di ogni rima e di ogni singola barra, la canzone ha iniziato a comporsi di diverse lingue (italiano, inglese, francese, woloof), versi pungenti, rime originali e ritornelli ripetitivi e che rimangono in testa.

Alla fine dell’assemblaggio di tutte le strofe della canzone, tornare ad ascoltarsi è stato il momento in cui la musica, come mediatore di emozioni, come strumento per la collaborazione e la cooperazione con gli altri, ha fatto esplodere la gioia e la soddisfazione per il lavoro creato!

In attesa che Babou mixi a regola d’arte, elabori e produca il brano per poi inviarlo tutti noi, il gruppo del Dream Team si è ampliato diventando Big Dream Team!

Alla fine di queste tre giornate passate insieme i ragazzi hanno potuto potenziare le conoscenze tecniche di base e acquisirne di nuove, metterle in pratica e imparare a cogliere e a sviluppare spunti, esercitando l’osservazione e la loro infinita sensibilità.

Interagendo gli uni con le altre in un’ottica di collaborazione e non di competitività, i ragazzi e le ragazze hanno condiviso emozioni e appreso, ancora una volta come un anno fa, che tutti possono fare musica!

 

“I’m gonna miss u”, è stata la frase con cui salutarsi, alla fine, è stata dura per tutti ma il nostro Dream Team sa bene che in alcuni momenti della vita tutti si trovano a dover sperimentare un po’ di tristezza e allora si sorridere e si ascoltare un po’ della (nostra) musica per accompagnarci al prossimo incontro…a Monaco di Baviera o a Napoli forse, chi lo sa?

Intanto…let’s rap! 🙂

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Culture Migranti @Officine Gomitoli

Germania, Francia e Spagna si sono incontrate a Napoli venerdì 19 e sabato 20 maggio per “Culture Migranti: danza, musica e arte senza frontiere”, un’iniziativa degli Istituti di Cultura europei (EUNIC Napoli ovvero Goethe-Institut, Institut Français e Instituto Cervantes) in collaborazione con la cooperativa sociale Dedalus.

Due giorni con artisti internazionali e rappresentanti di diverse realtà e cooperative sociali europee, per promuovere e sviluppare uno scambio di esperienze tese a testimoniare e a valorizzare l’integrazione attraverso la cultura e l’arte, in particolare dei giovani.

La due giorni è stata inaugurata venerdì mattina con la tavola rotonda dal titolo “La Cultura come integrazione. Esperienze Migranti” che ha visto il racconto di tre importanti testimonianze provenienti appunto da Francia, Spagna e Germania.

Dopo il momento di saluti istituzionali fatti sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e una breve presentazione della giornata e della genesi del progetto avviata da Elena de Filippo, presidente Dedalus cooperativa sociale, e maggiormente dettagliata da Jean-Paul Seytre, console generale di Francia a Napoli e direttore dell’Institut français Napoli, Maria Carmen Morese, direttrice Goethe-Institut, Luisa Castro Legazpi, direttrice Instituto Cervantes Nápoles, si è dato avvio al racconto delle testimonianze di tre realtà ed esempi differenti di cooperative sociali che promuovono ogni giorno, concretamente, l’integrazione attraverso l’esperienza e la conoscenza dell’arte.

Attraverso l’introduzione di Piero Sorrentino, giornalista e conduttore della trasmissione Zazà di Radio 3 Rai, che ha moderato il dibattito, a dare inizio agli interventi è stata Sarah Affani, responsabile del polo Passion di Singa France, che ha raccontato come l’associazione SINGA, fondata nel 2012 e attualmente una comunità di 20,000 membri, attraverso eventi culturali aiuta l’integrazione, accompagna alla formazione professionale e soprattutto è una piattaforma di scambio tra la società civile e i rifugiati, mirando a favorire la creazione di spazi e strumenti di incontro, scambio e collaborazione culturale, sociale e imprenditoriale tra i rifugiati e richiedenti asilo e le comunità ospitanti.

Subito dopo è stata la volta di Salma Jreige, direttrice del Progetto Multaka: Treffpunkt Museum (Multaka: il museo come punto di incontro) fondato nel 2015. Salma ha raccontato come, nel dicembre 2015, il Museo di Arte Islamica di Berlino, in collaborazione con altri 3 musei berlinesi, ha dato avvio al progetto mirato a insegnare a rifugiati e immigrati provenienti da Siria e Iraq a diventare guide nei musei affidando loro il ruolo di guida-tour per i rifugiati nella loro lingua madre. Salma ha raccontato anche come a questo progetto partecipano attualmente altri 4 musei adiacenti, che assieme ricoprono temi che vanno dall’antico Medio Oriente, Bisanzio, il periodo islamico fino alla storia tedesca più recente, creando così una connessione fra il patrimonio culturale dei paesi d’origine dei visitatori con la storia del nuovo paese che li accoglie. Focalizzando l’attenzione sul fatto che in lingua araba “multaka” significa “punto di incontro” e che il progetto ha organizzato seminari interculturali che hanno facilitato sia i rifugiati che i madrelingua tedeschi ad incontrarsi fra loro, Salma ha concluso il suo intervento con un focus su quello che è stato (e attualmente è) l’obiettivo del progetto: favorire una partecipazione culturale attiva attraverso un processo di appropriazione delle istituzioni culturali.

Dopo Francia e Germania, è stata poi la volta della Spagna che attraverso le parole di Quim Guinot, direttore della Fundación Soñar Despierto,  ha raccontato come la fondazione abbia avuto origine dalla Asociación Juvenil Soñar Despierto fondata in Messico nel 1998 come risposta attiva di un gruppo di ragazzi a tutte le gravi carenze e minacce che quotidianamente  affrontano bambini e adolescenti. Nel suo racconto, Quim Guinot ha sottolineato come la Asociación Soñar Despierto nata poi a Barcelona nel 2000, si sia data come chiaro obiettivo quello di aiutare i bambini a rischio di esclusione sociale, che vivono in centri di accoglienza, istituti per l’infanzia e comunità di pronta accoglienza, con l’appoggio di persone che hanno voglia di dare il meglio di sé per gli altri.

A chiudere gli interventi di racconto dell’esperienza, non poteva mancare la parte italiana rappresentata proprio dalla Cooperativa Sociale Dedalus e raccontata dalle parole della presidente Elena de Filippo che ha raccontato come la Dedalus, con un’esperienza di oltre 36 anni nel campo della ricerca, progettazione e gestione di servizi a valenza sociale, interviene quotidianamente nel campo delle problematiche connesse all’esclusione sociale delle fasce deboli, dell’economia del territorio e dello sviluppo locale, con particolare interesse alle tematiche inerenti i flussi migratori e ai diritti e doveri delle persone migranti nei loro percorsi di emancipazione e cittadinanza. Focus del suo intervento è stato il racconto delle attività portate avanti al Centro Interculturale “Officine Gomitoli”, un luogo uno spazio di pratiche e produzioni tese a supportare l’incontro interculturale e la convivenza  e la convivenza delle differenze, un’officina, appunto, finalizzata a promuovere opportunità sociali e personali degli adolescenti e dei giovani migranti e italiani del territorio, un presidio che sta diventando sempre di più luogo di riferimento stabile e appetibile, per la realizzazione di attività ludico-ricreative e per lofferta di spazi permanenti di socialità e incontro dove giovani italiani e stranieri possano trovare processi condivisi di costruzione di competenze utili al loro futuro.

La mattina si è poi conclusa con gli interventi dei tre artisti internazionali invitati dagli Istituti stranieri Darío Alvarez-Basso, Nadeeya GK e Babou Bojang, ognuno portavoce della propria storia ed esperienza d’integrazione culturale.

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La giornata di venerdì e poi continuata con l’avvio dei lavori  in contemporanea dei tre workshop presso i locali di Officine Gomitoli e del Lanificio25… un pomeriggio di arte…danza…e musica!

Con Darío Alvarez-Basso, artista plastico ispano-spagnolo nato a Caracas ed in seguito trasferitosi in Spagna, i ragazzi che hanno partecipato al workshop hanno realizzato “Il cammino del serpente”. Dipingendo a piedi nudi, utilizzando proprio i piedi e i corpi gli degli altri, hanno formato un’unica entità collettiva finale. Sentendo l’esperienza artistica come strumento di comunicazione del subconscio di gruppo, come strada efficiente di espressione di sentimenti, emozioni, sensazioni ed esperienze, come strumento educativo e sociale aperto a tutti i ragazzi hanno dipinto il corpo del serpente (il suo cammino vitale), seguendo il ritmo della musica.

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Con Nadia Gabrieli Kalati, in arte “Nadeeya”, giovane ballerina urbana (House Dance/Krump/Afro) italo-camerunese, le ragazze che hanno preso parte al workshop di danza per Culture Migranti hanno conosciuto l’afro house spirit, un concetto creato da Ousmane “Babson” Sy, punto di riferimento sia nazionale che internazionale per quanto riguarda la danza urbana. La performance che hanno realizzato le ha viste danzare gli step basici della house dance ma con lo spirito afro, percependo la danza come un linguaggio universale.

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Con Babou Bojang, rapper di origini gambiane in Gambia emigrato in Germania nel 2006,  i ragazzi che hanno scelto di prendere parte al workshop di musica rap hanno creato il brano “Dream team”. Il laboratorio tenuto per Culture Migranti, infatti, ha avuto l’obiettivo di scrivere e presentare insieme proprio una canzone rap, aumentando così le competenze sociali e la creatività dei ragazzi e delle ragazze. Il workshop si è svolto in più fasi, partendo da esercizi di allentamento, di ritmo e di voce, sviluppando insieme un tema per la canzone, studiando i diversi metodi per scrivere un testo, e, infine, imparando a mettere le loro parole in musica…registrandosi!

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Il giorno successivo, sabato 20 maggio, i lavori dei workshop sono andati avanti…tra ultimi ritocchi di pittura, prove generali di danza e riscaldamento della voce i ragazzi e le ragazze si sono prepararti al debutto.

Nella serata di sabato infatti, negli spazi del Lanificio25 si è tenuta la Festa di “Culture Migranti”

Ospite d’eccezione della serata, presentata da Marialuisa Firpo, è stata l’artista e cantante di origini tunisine M’Barka Ben Taleb, che ha raccontato la sua concreta d’integrazione culturale della nostra città.

Nel corso della serata, alla musica di M’Barka, sono seguite le performance di musica, danza e arte realizzate durante i laboratori creativi a cura dei tre artisti e che hanno visto protagonisti giovani, migranti e non, di diverse  nazionalità (Italiana, Nigeriana, Ucraina, Algerina, Tunisina, Senegalese, Rumena, Egiziana, Colombiana, Marocchina, Eritrea, Gambiana, Beninese, Bengalese, Bulgara).

La Festa di Culture Migranti si è poi conclusa con un brindisi alla cultura, straordinario strumento di integrazione per un nuovo mondo migrante, senza frontiere.

L’evento è stato patrocinato dal Comune di Napoli e dall’Accademia di Belle Arti di Napoli, con la cooperazione  Wine&theCity  2017 e di Made in Cloister.

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