Natale Losi e le storie che curano le ferite dell’anima

Un pomeriggio di riflessioni ed emozioni sulle storie che creano ferite nell’anima ma che, attraverso il racconto, riescono anche a curarle.

Così Natale Losi, psicoterapeuta e autore del libro “Guarire la guerra”, ha presentato al pubblico presente ad Officine Gomitoli il suo saggio. Un testo vitale, pieno di racconti clinici e sociali, un libro che non si esprime solo in termini teorici, polemici o politici. Un saggio lontano sia dalla psicologia accademica, ridotta a statistiche o poco più, sia dalla teoria e dai dogmi che oggi dominano il panorama sociale del sapere.

Raccontando le esperienze dirette vissute in Kosovo, Palestina, Colombia e Italia e analizzando le modalità più comuni d’intervento psicoterapeutico rivolte a persone che hanno subito il dramma della guerra o dell’esilio forzato, Losi ha spiegato come, attraverso la strategia terapeutica etno-sistemico-narrativa, sia possibile provare a trasformare storie che feriscono l’anima di chiunque le viva in storie che invece l’anima la curano.

Nonostante i racconti di “Guarire la guerra” non abbiano un modello comune, quello che condividono è però un approccio comune: non c’è una teoria della diagnosi, della clinica, non c’è una posizione politica, ma semplicemente una relazione terapeutica, realizzata ad hoc, sempre differente, che rispetta e si adatta di volta in volta al contesto che cambia e all’esperienza di guerra ed esilio vissuta diversamente da individuo a individuo.

Rispondendo alle domande del pubblico presente, Losi ha sottolineato come le ferite provocate dalla guerra nella testa e nel cuore delle vittime si curano prima di tutto abbandonando l’idea dominante che ci siano delle modalità universali che prescindano dai traumi subiti.

In un confronto con le persone che non si rassegnano a pensare che il conflitto sia condizione costante che accompagna i nostri tempi, e soprattutto con le operatrici e gli operatori che ogni giorno incontrano storie traumatiche nelle loro attività di impegno e di lavoro, è emersa la necessità condivisa di fare interventi che tengano in conto le caratteristiche culturali e storiche delle diverse situazioni. Ricordando che una guerra non finisce semplicemente quando si smette di sparare e di uccidere, ma prosegue nella vita, nella mente, nel corpo dei sopravvissuti, Natale Losi Natale ha ricordato che non basta operare solo nelle zone dove i conflitti si sono tenuti ma anche nei paesi meta di rifugio e migrazione, come l’Italia, perché spesso i migranti, i rifugiati e gli esiliati replicano il trauma vissuto nelle proprie terre d’origine nel paese che li ospita, dove si sentono marginalizzati.

«L’unico modo per guarire la guerra – scrive Losi – sarebbe di proibire la produzione e il commercio delle armi. Ma questa è forse un’utopia e comunque non sta nelle possibilità di uno psicoterapeuta. Esistono però altre possibilità, in numero almeno pari a quante sono le persone che la guerra l’hanno subita. ‘Guarire la guerra’ riguarda la cura di queste persone, che dalla guerra sono state coinvolte, hanno subito dei traumi e vorrebbero riuscire a tornare a una vita dignitosa, liberandosi dai sintomi che proprio la guerra ha causato.»

#OfficineGomitoli

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