Gli anziani nella modernità di Sabina Licursi

Un anziano alle prese con un pc
Un anziano alle prese con un pc

Gli anziani nella modernità …

…Gli anziani – ossia quanti hanno vissuto più degli altri la complessità della modernizzazione – rischiano di perdere una collocazione stabile nella società e di essere umiliati. Vogliamo riferirci a quel tipo di umiliazione o offesa che deriva dalla svalutazione dell’identità e del modello di vita di cui l’anziano è testimone, al quale, appunto, non si riconosce una valenza positiva (Honneth, 1993). «Essere vecchi non significa solo trovarsi più vicini alla morte – un dato reale davanti al quale il mondo moderno sa opporre solo un sentimento di terrore –, significa sapersi più indifesi, meno desiderabili, inutili ai fini della produttività: portatori di una sorta di vergogna sociale, quella di incarnare quanto di più letale esista per l’immagine vigente di eterna bellezza e di sconfinata felicità» (Stoppa, 2012, p. 247). Espulsi o pensionati dal mercato del lavoro, se consideriamo la loro vita attiva finita, lo spazio entro il quale si gioca l’esistenza degli anziani si riduce essenzialmente a quello privato. Spesso, infatti, le caratteristiche dei centri abitati, la mercificazione di molti servizi, il costo della vita urbana e le precarietà che interessano in generale tutti i suoi abitanti rendono più brusco il passaggio dalla condizione di ‘attività’ a quella di ‘dipendenza’ e possono favorire la percezione nell’anziano di un distanziamento dell’ambiente esterno. Può cioè accadere che l’età della pensione non sia il tempo atteso in cui realizzare qualche sogno nel cassetto e coltivare le relazioni importanti, ma quello della chiusura in casa e dell’isolamento o della costruzione di mondi paralleli in cui la routine è fatta di soap-opera o trasmissioni radiofoniche di preghiera. La casa può diventare rifugio da un ambiente esterno che non ha rispetto per i ritmi e le necessità degli anziani (cfr. infra Tagarelli), ma può essere anche sempre più nido vuoto, in cui i figli e i nipoti non trascorrono molto tempo. Quando succede, poi, che difficoltà di vario genere rendano impossibile continuare questa ridefinita quotidianità, la risposta è, comunemente, l’istituzionalizzazione e, quindi, l’allontanamento dell’anziano dalla sua dimora abituale. Scelta che, quando risponde ai bisogni organici e vitali dell’anziano, incide pesantemente sul suo equilibrio interiore, spezzando la relazione tra l’anziano e il suo spazio di vita (Neve, 2011). Allo stesso tempo, anche gli anziani, come spesso succede ai più giovani, ricompaiono in società nel ruolo di consumatori. E come i più giovani possono rimanere prigionieri delle logiche consumistiche, fino a credere che «la pienezza del godimento del consumo equivale alla pienezza della vita» (Bauman, 2012, p. 92),

Zygmunt Bauman, il filosofo della "società liquida"
Zygmunt Bauman, il filosofo della “società liquida”

 

oppure possono ritrovarsi fra i consumatori difettosi, per i quali «il fatto di non poter comprare è il doloroso e amaro stigma di una vita irrealizzata, della loro irrilevanza e incapacità» (ibidem). Il mercato sostiene con politiche pubblicitarie efficaci l’identità del consumatore che ringiovanisce grazie all’acquisto di beni (dalla bibita energizzante all’automobile superaccessoriata e potente) e un certo stile di vita (il fitness, le diete ipocaloriche, i viaggi e le Spa) e non è scarso il fascino che alcuni modelli di eterna giovinezza esercitano sulle generazioni più adulte, producendo esperienze frustranti in quanti non hanno né le risorse né le occasioni per sperimentarli

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