Una riflessione di un nostro visitatore dell’ortocentro…

bdr

Si riporta qui la riflessione di un nostro visitatore “seriale” dell’ortocentro che spesso viene a trovarci, a dare un aiuto e ad assaggiare i nostri prodotti e che ha postato sulla pagina Facebook del nostro progetto. Cit. “Questa mattina sono tornato a distanza di qualche mese a calpestare il terreno delle campagne valenzanesi. Tra Valenzano e Capurso, immerso tra gli ulivi che si affacciano sulla strada, c’è un orto. All’apparenza è un orto come se ne vedono tanti: una serra, verdure che spuntano dal terreno, odori e colori.

Questo orto, però, ha una sua particolarità: ci lavorano tanti ragazzi con disabilità. Questo ortocentro è il fulcro del Progetto “Famiglie Insieme: Nuovi Sentieri” finanziato dalla Fondazione con il Sud e messo in atto da una rete di associazioni che operano sul territorio. Oltre all’ortocentro i ragazzi seguiti sono impegnati con teatro, danza, musica e arti marziali.

La prima volta che ho fatto visita in questa campagna su invito di uno dei volontari non c’era niente: solo terreno incolto, ovunque. Quel giorno i ragazzi stavano lavorando scrupolosamente zappando e seminando diverse varietà di verdura. Oggi son tornato a distanza di qualche mese. La vera sorpresa non è stato vedere tutta quella verdura che avevano seminato cresciuta, ma la dimestichezza che i ragazzi avevano preso con i vari strumenti della campagna.

La pigrizia è rimasta, infatti arrivate le undici e mezza hanno deciso di fermarsi e fare la prima raccolta di rape e di qualche fiore che era cresciuto. Rape che ovviamente non finiranno nella pancia dei volontari ma che sono state prontamente vendute ad un generoso acquirente. È un lavoro, non si va lì per mangiare! Il primo a sostenerlo è proprio Giuseppe, uno dei ragazzi seguito nel progetto ansioso di andare a vendere il raccolto al mercato. “Così diventiamo ricchi”, ha detto.

Giuseppe ha proprio ragione, si raccoglie sempre quel che si semina. Ottant’anni fa circa trecentomila persone con disabilità furono vittime di quella follia umana chiamata Olocausto, oggi, grazie allo sforzo di tanti volontari, si cerca di integrarle nella società e di renderle autonome. Un seme che darà sicuramente ottimi frutti.” Grazie di questa testimonianza con la speranza che quanto riportato possa diffondersi sempre di più!!!

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