Sportello Supporto Psicologico-Progetto B.U.S Buone Uscite dallo Sfruttamento: la voce di Serena la referente del servizio

Mi concentro sui volti delle persone incontrate nel corso del Progetto B.U.S, non so come descrivere la complessità delle situazioni e gli intrecci di storie che partono da lontano (Nigeria, Gambia, Niger, Costa D’Avorio, Bulgaria, Marocco) e continuano qui in Italia.

Storie di viaggi, di alleanze e amicizie nate fra le difficoltà estreme, ma anche storie di dolore, di violenza, di sfruttamento.

Sfruttamento sessuale e lavorativo perpetrato da aguzzini che, perdendo la propria umanità, considerano i corpi delle persone merce di scambio.

“Merce” come il caso di Mohammed (nome di fantasia) che fugge dal suo “padrone” il quale 24 ore su 24 lo fa lavorare come pastore nelle montagne del catanzarese. Giorno e notte al gelo di una roulotte senza servizi igienici e come fonte di acqua potabile solo una fontanella che sgorga dalla montagna.

Mohammed trova il coraggio di lasciare il proprio sfruttatore solo perché, dopo essersi gravemente ferito sul luogo di lavoro, non riesce più a portare avanti le mansioni, ovviamente è stato immediatamente sostituito.

Egli viene inviato allo sportello di consulenza psicologica dagli operatori che gestiscono il Servizio legale del Progetto.

Incontro un ragazzo con la schiena dolorante, gli occhi gialli fanno pensare ad un problema infettivologico, ma ciò che colpisce di più sono lo sguardo basso e la postura inclinata che tiene nel corso dei colloqui.

Appare come schiacciato, sopraffatto dall’umiliazione e infatti si esprime così parlando della propria situazione: “la sofferenza più grande è la perdita della dignità”.

E’ riuscito, tramite gli operatori del Servizio Legale, ad avere un riesame presso la Commissione Territoriale. Pochi giorni fa ha chiamato il mediatore culturale: ha ottenuto il permesso e ci saluta, continua la sua migrazione verso il Nord dell’Europa.

Lo sportello per il supporto psicologico è connesso con l’area legale occupandosi della stesura di relazioni per la Commissione Territoriale ai fini della Richiesta di Asilo o per il Tribunale di competenza. Il supporto psicologico permette alle persone inviate di ritrovare (un minimo) la fiducia nel prossimo e in se stesse.

Fiducia minata da anni, a volte dall’infanzia, di sfruttamento lavorativo e sessuale.

Posso descrivere gli occhi vitrei di una donna nigeriana che oggi ha 22 anni ed è sulla strada da 10. Joy, la chiamerò così, non è in contatto col suo corpo, non prova piacere né disgusto né paura come avveniva i primi tempi, quando suo padre la mise per la prima volta a disposizione di un amico benestante.

Non prova più nulla apparentemente, anestetizzata da anni di sfruttamento, sentimenti ed emozioni sepolte sotto una maschera di trucco e treccine perfettamente allineate su un volto segnato.

Viene da me per un unico problema: dorme due ore a notte.

E’ ospite presso un Centro d’Accoglienza del vibonese e trascorre il tempo tra le treccine, da fare alle amiche, e i clienti. L’unica azione che mi permette di fare per lei è una consultazione con lo psichiatra affinché le dia “qualcosa” per dormire. Chiede aiuto con gli occhi e col corpo ma le parole vanno nella direzione opposta, lei “non ha bisogno di niente”.

Chiamo la referente dell’area sanitaria del Progetto BUS la quale riesce, in tempi rapidi, a fissare un appuntamento col Consultorio Familiare per una visita ginecologica. Joy aveva infatti avuto un aborto spontaneo dopo la traversata del Mediterraneo, ma non aveva mai pensato che dovesse farsi visitare. Al terzo incontro le spiego che esistono donne costrette a prostituirsi, dunque le rendo comprensibile il concetto di “vittima di tratta”, concetto che tradotto letteralmente non significa nulla, per cui c’è bisogno della mediazione culturale avvenuta di fatto in pidgin english. La conversazione è costantemente interrotta da telefonate e messaggi sul suo cellulare.

Joy non si presenta al quarto appuntamento, non so che fine abbia fatto, gli operatori riferiscono che sia andata via dopo il diniego della richiesta di Protezione da parte della Commissione Territoriale.

Lo sportello di supporto psicologico rientra nell’Area sanitaria di B.U.S, interagisce con la psichiatria e col Consultorio Familiare.

Le persone che si rivolgono a B.U.S a volte non hanno mai ricevuto una visita specialistica.

La sofferenza psichica si può manifestare notoriamente con sintomi corporei: gastriti, senso di costrizione al petto, dolori muscolari, mal di testa e/o capo giro, battito cardiaco accelerato, oltre a insonnia e incubi notturni.

Nel corso della psicoterapia individuale, dopo un lungo periodo di stabilizzazione e messa in sicurezza, una signora, vittima di tratta, ha il coraggio di affrontare il suo dolore.

Procediamo gradualmente con l’ausilio della mediatrice linguistica e tramite il doppio approccio terapeutico: l’E.M.D.R e l’etno-clinica. 

L’E.M.D.R (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), la cui efficacia scientifica è stata riconosciuta nelle linee guida dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013, è un metodo clinico utilizzato per l’elaborazione e la risoluzione delle memorie traumatiche tramite i movimenti oculari. L’etno-clinica, invece, è un metodo elaborato al Centre Devereux di Parigi dagli anni ’70 fino ad oggi per la co-costruzione, insieme alla persona e ai mediatori culturali, di teorie e dispositivi terapeutici a partire dalle appartenenze degli utenti.

Appartenenze culturali, familiari, religiose, politiche che veicolano i pensieri e i comportamenti delle persone.  Appartenenze plurime a cose, a riti, a forme di pensare a volte radicalmente differenti dalle nostre. Sistemi di pensiero complessi e radicati nelle culture di provenienza dei nostri utenti stranieri (pensare alla maternità, alla malattia, alla guarigione, alla morte, al rapporto uomo donna eccetera).

E’ importante affrontare queste diversità, ancora di più, se abbiamo a che fare con soggetti provenienti da mondi lontani. Farlo però significa rendere i discorsi maggiormente complessi, per cui abbiamo la necessità di mediatori linguistico-culturali esperti.

Rendere complessi i discorsi è il metodo più efficace per estendere lo sguardo e allargare le prospettive di comprensione di quello che accade intorno a noi, un traffico di esseri umani  di epocale rilevanza nella sua tragicità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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